Ecco una ricettina simpatica, gustosa ma soprattutto..... profumata. L'ho spulciata da un vecchio Sale e Pepe.
Il profumo del mandarino dà un valore aggiunto al gusto delicato delle triglie.
Per quattro amici ci vorrà l'idonea quantità di pasta, linguine va bene, 300 g di filetti di triglia da pulire con "religione", sei mandarini NON TRATTATI, una costola di sedano, una cipolla piccola bianca, una carota, uno spicchio di aglio, olio extravergine, sale e pepe.
Tanto per incominciare dovrai lavare un mandarino, grattugiarne la parte arancione della buccia e tenerla da parte; spremine poi il succo insieme ad altri tre e mettilo in una ciotola. Pela al vivo i due mandarini rimasti e falli a pezzettini.
E il mandarino è fatto.
A questo punto fai una brunoise o, a piacere una julienne, della verdura, meno l’aglio.
Metti cinque cucchiai di olio in padella e fa imbiondire l’aglio: deve dare solo il sentore, poi eliminalo. Metti le verdure nell'olio caldo e falle soffriggere per 3-4 minuti.
Sono questi i 3-4 minuti in cui sfiletterai le tue triglie, certo non devi comperare quelle da otto centimetri, una taglia giusta, se riesci a trovarle sono migliori quelle di scoglio (nota bene: le triglie sono uno dei pochi pesci rimasti che non sono ancora riusciti ad allevare, quindi devono per forza essere pescate).
Aggiungi al soffritto i filetti di triglie tagliati a quadretti, la scorza gratuggiata del mandarino e una presa di sale. Cuoci a fiamma media per un paio di minuti, bagnando con il succo dei mandarini, dopo averlo filtrato.
Nel mentre la pasta sarà arrivata a destinazione e la puoi sbattere nella padella con il ragù di pesce: falla saltare e unisci i mandarini a pezzetti e una manciata di pepe.
Giunto alla fine della ricetta potrai scientemente valutare se davvero invitare qualcuno a mangiarla o se cucinartela solo per te, magari in un pomeriggio novembrino piovoso, come sontuoso stuzzichino per un bicchiere di Arneis.
Un blog fatto a uso e consumo degli amici, vecchi e nuovi, per trascinarli in questa grande passione, e perché "invitare qualcuno a mangiare da te significa incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che sta sotto il tuo tetto", e anche perché "cucinare per le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo pensando ai loro gusti, alla loro crescita e al loro benessere".
Andiamo a incominciare
Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
lunedì 22 novembre 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Ciao Euge, questo ragù di triglie merita un pensiero e un piccolo premio, se ti va di passare da me puoi prelevarlo...un saluto
RispondiElimina