Andiamo a incominciare

Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.

giovedì 29 dicembre 2011

Dieta disintossicante, ovvero il polpettone di cardi

La Lady che abita nella mia stessa casa è maggiormente consapevole di me della necessità di una qualche disintossicazione corporale, che faccia seguito non solo ai bagordi natalizi ma anche all'inevitabile strascico di dolciumi, cioccolaterie varie e pasticceria di alta classe che li accompagna e li peggiora.
Ecco che stasera mi fa trovare questo notevole, dimostrando, se ve n'era bisogno, che non cucina niente male, solo che non riesce a divertirsi quanto me. Ma bando alle ciance, eccolo, lo splendido.

Ci vorranno quattro patate grosse e un cardo grosso.
Sul cardo c'è tanto da dire, perchè è una cosa buona e interessante: andate a dar un'occhiatina a questo sito, che ha anche un nome molto accattivante, alimentipedia.it
Il cardo grosso era in terrazzo, aspettava il momento favorevole ed è stato molto soddisfatto anche lui. Le patate sono state bollite e poi schiacciate, il cardo mondato, cotto al vapore e frullato col minipimer.
E' finito tutto nella boulle e sono stati aggiunti: uno spicchio d'aglio tritato, un sacco di maggiorana fresca appena tritata, tre uova intere, tre cucchiai di parmigiano, un etto di mortadella tritata (lo sapevate che la mortadella è disintossicante?).

Il miracolo è stato l'amalgama, "giusto" alla prima, di tutti gli ingredienti.
E' bastato metterlo nella teglia, unta con un filo d'olio, e spolverarlo con il pane grattuggiato, perchè finisse la sua storia dentro il forno, caldo a 180 °C, per 30-40 minuti, magari verso la fine anche con una botta di grill.
Come mi sono disintossicato bene!!!



Nota bene: ritengo che questo sia, a meno di strani accadimenti, l'ultimo post del 2011.
Ne ho scritti, se ho ben fatto il conto, 168, quasi uno ogni due giorni.
Spero di non avervi annoiato e spero che le mie parole abbiano fatto non solo risvegliare l'appetito ma anche fatto un po' sorridere. E' questo il premio a cui ambisco di più.
Buon 2012 a tutti, con nuove ricette e nuove avventure........

l'orsacchiotto cuciniere

lunedì 26 dicembre 2011

Ricette per le feste - i ravioli di pesce, storia di un'avventura

Che sarebbe più giusto chiamarle, invece che ricette PER le feste, vista la poco celerità con cui sono state pubblicate, ricette NELLE feste, o almeno ricette DELLE feste.
Ma vi auguro a tutti e a tutte di farvi ancora qualche bel pranzetto, da qui alla Befana.

Diciamo che questo è stato il piatto "clou" delle feste, quello per il quale mi sono più impegnato, e da cui mi aspettavo il maggiore riconoscimento.
E' stato un "viaggio" culinario impegnativo, costellato di difficoltà, per il quale l'errore maggiore è stato non valutare bene la tempistica, con il risultato che tutto il pomeriggio o quasi se ne è andato per lui. Ma sono contento così, perchè ritengo che in cucina solo "facendo" si imparano a fare le cose meglio. Il problema è che io mi stufo rapidamente, per cui solo di rado ripeto i piatti, e non perchè pensi di farli benissimo già alla prima: è che sono proprio così, e mi devo tenere così come sono, perchè sono consapevole di poter solo peggiorare (non come chef cuisinier, naturalmente).

I ravioli di pesce li avevo mangiati in un lontano passato, in brodo (di pesce), lo ricordo bene, così come ricordo dove e con chi: ma queste sono altre storie.
Di recente, chiaccherando con Barbara, mi sono fatto dire come li fa lei, e sono rimasto stupito dall' (apparente) semplicità della ricetta: tre cose nel ripieno, i gamberi, un pesce tipo san pietro piuttosto che la pescatrice e l'imprescindibile borragine.Tutte rigorosamente crude (i pesci, non la borragine!)
E cosa ci vorrà mai, mi sono imprudentemente detto fra me e me, del resto un giro di ravioli li ho già fatti, e allora ho deciso, con grande baldanza.
Dopo la mia decisione, immodificabile, mi è stato detto che i coperti per quella cena erano quindici: ma avevo deciso, si sarebbe trattato solo di aumentare le dosi, niente di complicato.

Poi dato che ho parlato di ravioli di pesce anche con il mio attuale Chef, che mi ha mandato sulla mail una ricettina che farò quanto prima, ho persino deciso che avrei fatti ravioli bicolori, con metà impasto colorato col nero di seppia. Più che altro mi è venuto striato di nero, grigiastro, una cosa orribile. Il fatto è che non avevo capito bene quando avrei dovuto mettere questo nero: adesso credo di averlo capito: nelle uova. Ma devi fare evidentemente due impasti (e i tempi raddoppiano).

I ravioli di pesce l'ho conditi con il sugo di triglie (vedi qui), che anche lui ha voluto il suo giusto tempo.

Infine per il ripieno ho usato una marea di gamberetti: infatti, ragionandoci giustamente mi ero detto, che bisogno c'è di gamberi grossi per il ripieno? Tanto non si vedono! Però li devi pulire, ed erano veramente tanti, e la mia improvvisata brigata ha sofferto parecchio......

Alla fine ci siamo riusciti, e si è trattato soltanto di confezionare i ravioli, questa volta fatti con la sfogliatrice fino al numero 9, sottile come un foglio di carta, quasi. Ma non sono stato accorto con la farina, anzi l'ansia dell'orologio implacabile mi ha ottenebrato quei due o tre neuroni, per cui, invece di infarinare la sfoglia infarinavo, sistematicamente e testardamente, la raviolatrice. E' stato terribile, c'erano ravioli che non volevano separarsi fra di loro o dalla raviolatrice manco fossero sposati, un esperienza da piangerci sopra. E non era ancora finita: infatti poi quei circa duecento che sono riuscito a salvare interi li ho dovuti per soprammercato portare fuori di casa.
Il risultato è stato necessariamente quello di avere dei ravioli "affogati" nella farina, per non parlare di quella ventina che ho dovuto confezionare a parte senza gamberi ma con le vongoline, per chi è intollerante ai crostacei.

Una serie di imprevisti che, adesso che li racconto, sono abbastanza umoristici, ma che sul momento mi hanno parecchio stressato.

Eccolo qui, il mio faticato piatto di ravioli di pesce al sugo di triglie, buonissimi e plauditissimi, per carità, ma grondanti farina e sudore.........

















bisognerà ben rimettercisi con santa pazienza.... ma, lo so, la prossima volta verranno perfetti!

Ricette per le feste - arrostino all'acciuga

Questo è il secondo piatto che ho fatto ieri, sempre una ricetta di Barbara.
Avevo questo arrosto surgelato da tempo e aspettavo l'occasione e la ricetta per cucinarlo.
E' una ricetta un po' diversa dal "solito" arrosto e il sapore è un po' "diverso", ma non è per niente male. Provare per credere, magari con un arrostino più piccolo, magari un arrostino di tacchino, ognuno ha le sue preferenze.
Del resto è uno di quegli interessanti modi di mangiare insieme la carne e il pesce, che tanto mi intrigano.

Si tratterà di legare l'arrosto (un arrostino da circa sei etti per quattro persone)  e di infarinarlo leggermente, per aiutarlo a rosolare bene, con qualche cucchiaio di olio e uno spicchio di aglio schiacciato.
Lo rosoli in idoneo contenitore che poi metterai in forno.
Intanto ti triti una cipolla, cinque filetti di acciuga (sott'olio, ma se hai tempo usa quelle sotto sale!) e una bella manciata di prezzemolo, fini fini.
Quando l'arrosto è rosolato bene metti metà del trito nella pirofila e metà lo spalmi sopra l'arrosto. Irrora il tutto con una miscela composta di 125 cc di vino bianco, 125 cc di acqua calda e 30 cc di aceto bianco.
In cima ci metterai qualche pezzetto di burro.
Dato che la tua pirofila non ha il coperchio, almeno la mia non ce l'ha ;-) coprirai tutto con la carta alluminio e lo sbatti in forno già caldo a 200 °C per un'ora e mezzo circa, gli ultimi dieci minuti senza l'alluminio.

Quando è cotto lo affetti a fette normali, non meno di 5 millimetri, e lo ricopri con la sua salsa. Se questa, per un motivo a te sconosciuto, dovesse essere troppo liquida, la addensi in un batter d'occhi con la benedetta maizena.

Questo è il mio vassoio:

sabato 24 dicembre 2011

Ricette per le feste - porri, patate e capesante

Anche questa ricetta di Barbara è buonissima, io l'ho trovata splendida e facile, cosa che non guasta: del resto non avevo mai cucinato le capesante ed ero molto curioso.

Ci vogliono, sempre per quattro, sedici capesante (lo so, non è proprio il momento questo, bisogna fare un leasing), quattro etti di porri, una patata media, venti grammi di burro, un po' di erba cipollina, un'arancia, sale e pepe.

Affetti i porri e tagli le patate alla boulanger, che vorrebbe dire a fette di 3-4millimetri.
Li sbatti in padella col burro che hai già fuso, sali e stufi per qualche minuto. Indi aggiungi un po' di acqua, per portarli a cottura, che ci vorrà quel quarto d'ora. E ci metti la ciboulette tagliata con la forbice.
Intanto che cuociono ti pulirai le capesante, eliminando il corallo (non lo buttare, per carità, fattici il giorno dopo un sughetto per la pasta!) e tagli le noci in due o, a tuo piacere, a fettine.
Ti spremi l'arancia e fai la scorza a julienne.

Dato che per pulire le capesante non avrai impiegato più di dieci minuti te ne restano cinque per saltare nel burro residuo le capesante, unirvi il succo d'arancia e le scorze, e avrai il tempo di farli ridurre.
Hai finito, ti resta solo da impiattare


Ricette per le feste - Gamberi all'arancia

Prima delle due ricette che pubblico della mia Maestra e amica Barbara, che ringrazio perchè quest'anno mi ha "aggiustato per le feste", per cui è più che doveroso citarla.

A seconda di quanti ne darai a ciascun commensale questa ricetta ti servirà come entrèe, come secondo e anche come intermezzo fra due piatti più gravosi, come risparmio e preparazione per lo stomaco.
Per quattro persone ci vorranno otto etti di gamberi (se servito come secondo).
Li dovrai bollire: e qui incomincia il difficile. Il bello sarebbe poter avere la sonda dentro il gambero, ma non si riesce. Considera che a 55 °C il gambero è cotto. Quindi, dato che l'acqua bolle a 100 °C non si parlerà di minuti ma di secondi. Variabili in gioco: dimensioni dei gamberi (i gamberetti fanno ovviamente prima) e abbassamento della temperatura dell'acqua legato alla quantità di gamberi che ci si butta dentro. Per cui io li ho cotti a mestolate, che poi ho tirato su col ragno, meno di un minuto.

Se proprio hai da perdere del tempo (oh, fortunato umano!) potresti farti il court-bouillon, che sicuramente male non gli farà: quindi ecco la preparazione di Pellaprat.
Due litri e mezzo di vino bianco secco e pari quantità di acqua, 50 grammi di sale, cinque scalogni tritati, 4 etti di cipolle e 4 di carote, tritati, 75 grammi di gambi di prezzemolo, un mazzetto di timo, una foglia di alloro. Mezzora di cottura, a 20 minuti aggiungi 15 grammi di pepe in grani. Semplice, no?

Ritorniamo ai nostri gamberi, che saranno pronti belli cotti. Dovrai metterli un'ora in una marinata così composta: il succo di un'arancia e quello di mezzo limone, uno spicchio d'aglio schiacciato, prezzemolo tritato, curry in quantità a piacere, due cucchiai di olio evo, sale e pepe.

Nell'ora che aspetti, oltre alle tante altre cose che ti si pareranno davanti avrai anche il tempo di sbucciarti la scorza di un'arancia a julienne, che metterai nei piatti di portata assieme a un ultimo filo d'olio.
Semplice, no?



sabato 17 dicembre 2011

Prove per le feste 1 - Ravioli

I ravioli non li ho mai fatti e quindi erano una sfida.....
Ho deciso che a Natale farò i ravioli di pesce così come me li ha consigliati Barbara, che poi vi racconto la ricetta.
Oggi invece era una "prova", dovevo ben capire come funzionava il tutto, motivo per cui ho lavorato dalle undici all'una.
La pasta l'ho fatta con due uova intere e un quarto di chilo di farina, come da ricetta Kenwood, un pizzico di sale anche. Bisognerebbe farla riposare, ma il tempo stringe e la curiosità è tanta. Motivo per cui, prima di tirare la ormai mitica lasagna, la faccio sì riposare, ma solo per il tempo che mi servirà per fare il ripieno.

Sul ripieno si possono fare i più lunghi e stucchevoli discorsi, che non starò a fare. Basti pensare che ho trovato una ricetta su un vecchio cuciniere genovese con una quantità impressionante di ingredienti, tutto a scapito della digeribilità, dico io.
Motivo per cui, dato che la prova era"il raviolo" e non "il ripieno", mi sono organizzato così: due etti e mezzo di sottofiletto di bovino adulto tritato davanti a me in macelleria, definitiva morte della mia piantina di timo, a cui ho sforbiciato gli ultimi rami, due uova, parmigiano reggiano grattuggiato di Monchio. La carne, non fidandomi troppo, l'ho rosolata con un filo di olio e poi un cucchiaino di farina. Mescolare tutto. No buono, troppo a pezzetti: allora gli ho dato una frullata. No buono ancora, troppo "liquido": due cucchiaini di pane grattato, oltre all'ovvio sale, mi hanno portato la consistenza a un livello non dico giusto ma comunque sufficiente per fare quelle beate palline.



ed ecco la raviolatrice!

ho anche imparato che se non la infarini i ravioli non li stacchi più....










In un modo o nell'altro i ravioli, con un po' di supporto familiare, sono riuscito a farmeli.



Bellini! mi sono detto a questo punto, in un impeto di toscanità, e già pre-gustavo....

















Dato che non c'era proprio il tempo per il sugo ho optato per un classico, almeno per me, "burro e salvia"








che ha cotto esattamente quanto questi













e, alla fine, il risultato, di grande soddisfazione per tutta la famiglia è stato il coronamento dell'impegno profuso.



domenica 11 dicembre 2011

Orecchiette con le cime di rapa

Come promesso oggi scrivo questa ricetta, che ho fatto ieri.
Diamo per imparate le orecchiette e consideriamo che forse la fretta ci imporrà di comperarci quelle già fatte, ma, mi raccomando, almeno che non siano secche. Quelle fresche marchio coop secondo me sono ben più che dignitose. So che i miei amici puglesi storceranno la bocca, perchè le orecchiette fatte con il grano duro sono veramente "un'altra cosa", ma, anche se si è nel fine settimana, è comprensibile non avere il tempo di farle. Anche perchè inpastare il grano duro è una fatica!

Le cime di rapa sono queste: cime di rapa. Non è di poco interesse il loro ciclo di coltura: infatti quelle comperate a settembre/ottobre sono le prime, sono molto tenere e hanno evidentemente dimensioni e criteri di preparazione diversi da quelle che si comperano di questa stagione. Ma io ieri le ho viste al supermercato, ultimo mazzo, e non me le sono fatte scappare.

Che cosa è che caratterizza la ricetta? sono andato un po' a leggere e mi sono convinto che non sono nè l'aglio nè il peperoncino. I miei amici pugliesi me lo potranno confermare, ma io credo che sia proprio l'acciuga salata (con il profumo del mare che si porta dentro) quel quid che dà grande personalità al piatto. L'aglio e il peperoncino potrebbero anche esere tranquillamente omessi.

Quindi adesso vado a raccontare come ho cucinato quelle di ieri. Come detto i gambi erano un po' duri, persino legnosi, ma mi dispiaceva alienarli, per cui, dopo un'accurata pulizia di ciò che sembrava morbido (foglie, infiorescenza, gambi sottili), ho tagliato il resto a pezzettini e l'ho sbollentato in acqua salata per tre minuti, ma forse erano pochi. Li ho scolati e l'acqua l'ho conservata. Sono finiti nella saltiera insieme all'olio (evo pugliese, naturalmente), due spicchi d'aglio e mezzo peperoncino e tutte le acciughe sotto sale che ho trovato in casa.






Ho cercato di farli saltare bene,per renderli croccanti.














Nell'acqua giallina, dopo aver ripreso il bollo sono finite le orecchiette, che avevano tempo di cottura dichiarato di 9 minuti. Le parti più tenere delle cime di rapa si sono accoppiate con loro dopo cinque minuti.








(Naturalmente tutti questi movimenti non si faranno se sei di settembre e le tue cime di rapa sono tenerissime: allora dovrai solo mondarle e sbatterle direttamente nella pentola con l'acqua fredda, e quando bollirà butti le orecchiette)


Dopo un prudente assaggio ho scolato tutto e ho saltato in padella tutto insieme, con l'aggiunta di due cucchiai di olio.

Certo che sopra ci andrebbe un formaggio pugliese, secondo me il cacioricotta (cacioricotta) sarebbe perfetto ma non ce l'avevo..... e mi sono grattugiato un po' di quella ricottina salata proveniente da Palermo che avevo ben nascosta in frigo....



sabato 10 dicembre 2011

I bucatini all’amatriciana


Ieri che li ho rifatti ho realizzato che, non ostante nella mia “storica” raccolta stampata di ricette, che qualcuno avrà, siano presente da più di dieci anni, nel blog non sono mai finiti.
Rimedio a questa dimenticanza, che è grave perché l’amatriciana è un sugo “importante”, anche da un punto di vista scolastico, è buonissimo e si presta a interessanti ricerchine che qui vi descrivo.

Il sugo all’amatriciana può definirsi un “saporitissimo equivoco della cucina romana, perché le origini sono abruzzesi”, infatti Amatrice fino al 1927 era in provincia dell’Aquila, e fino al 1860 faceva parte del Regno delle due Sicilie.

La ricetta che io ho sempre fatto è quella di Carnacina (che poi è Veronelli), e mi ha sempre dato grandi soddisfazioni.

Per sei persone devi andarti a cercare con pazienza un etto e mezzo di guanciale, che taglierai a striscioline e rosolerai nella saltiera con poco poco olio evo. Quando è ben croccante lo riservi e, nel liquido dove ha rosolato ci butti un peperoncino e una cipolla. Già Carnacina dice che è facoltativa. Ho parlato con romani che mi hanno detto che la cipolla assolutamente non ci va: ma, come ho scritto poc’anzi, la ricetta non è romana. Anche nel libro di Kenedy la cipolla non è citata.
A questo proposito io sospendo il giudizio e non consiglio niente, ma a me la cipolla, specie la Montoro, mia ultima scoperta, piace.
Secondo me è sbagliato rosolare, per la fretta, la cipolla a ssieme al guanciale: hanno diversi tempi e modi di cottura: se il guanciale lo vuoi croccante il fuoco deve essere al massimo, se la cipolla la vuoi bionda il fuoco deve essere dolce.

Quando l’eventuale cipolla è bionda allora butterai il pomodoro. Anche qui devo citare testualmente Carnacina, con cui sono d’accordo: “l’amatriciana deve essere con una salsa appena colorata di pomodoro e non al pomodoro”, quindi lui dice di usare la polpa di “qualche pomodoro”, ma Allan Bay, per 4 persone, usa sei etti di dadolata (concassè o pezzettoni del commercio?), Pellaprat invece solo 250 grammi. Io, anni fa, ho usato, per necessità, un tubetto di concentrato, e non mi è andata male. Il pomodoro necessita di essere salato e, se conservato, eventualmente zuccherato.

A seconda di quanto pomodoro metti, e anche di come lo prepari, la tua salsa cuocerà 10 o più minuti.

Nel frattempo hai cotto al dente la pasta, rigorosamente bucatini o al massimo perciatelli.

Quindi nella saltiera con la cipolla e il pomodoro  butterai: il guanciale, la pasta, uno o due mestoli di acqua di cottura (bah, io no), due cucchiai di olio e un mare magno di pecorino grattugiato. Se non hai voluto mettere il peperoncino questo potrebbe essere il momento di spolverare di pepe nero.
E godi, semplicemente



 E domani le orechiette con le cime di rapa, grande cucina regionale.

venerdì 9 dicembre 2011

Marco Polo 4 -la salsa di pomodoro

Finalmente questa settimana ho fatto qualcosa in cucina, e abbiamo iniziato con la salsa di pomodoro.

Nulla di più semplice, forse scontato, penseranno i miei lettori, e non posso dar loro torto.
La salsa di pomodoro è comunque la scusa per fare un po' di ragionamenti: non sto a descrivere la salsa di pomodoro fatta a scuola, dove le materie prime sono scelte con criteri differenti da quelli usati per la spesa di casa, questo lo capisco bene; a scuola non è che si impara proprio "a cucinare", si imparano soprattutto altre cose che ti verranno parecchio bene quando dovrai, per mestiere o per diletto, cucinare per tante persone e all'interno della brigata.
Motivo per cui sarebbe semplicemente sciocco dire "non era una buona salsa di pomodoro", non aveva nessun bisogno di esserlo, bisogna essere invece grati per la possibilità che ti è stata data di lavorare in una vera cucina professionale.

Naturalmente oggi la salsa di pomodoro continuava a girare per la testa, per cui, dopo una fruttuosa visita nel frigorifero, mi ci sono messo. Ci tengo a ribadire che non faccio la gara con la scuola, cerco solo di farmi i compiti a casa, ma a modo mio.

Ho incominciato con il Pellaprat, visto che oggi mi sentivo molto chef saucier. Volutamente non considero la ricetta di Escoffier anche se entrambi sono due classici, e io volevo fare proprio la "Salsa di pomodoro classica (Sauce tomate)".
Ricordatevi bene che lo chef saucier, cioè il capopartite delle salse, era in genere il numero 2, quindi queste salse avevano un'importanza che oggi non comprendiamo appieno.

Gli ingredienti e le dosi sono ricopiati con il massimo della cura.




Ho passato con il passaverdura sette/otto etti di pomodori, tanto per incominciare, per avere circa mezzo litro di passato.















Nella saltiera, che è la padella che io uso di più e più volentieri, sono finiti, assieme al giusto olio, 50 grammi di lardo (ma io ho usato il guanciale, quello buono, che tengo in frigo gelosamente per le mie amatriciane) e, dopo qualche minutino di rosolatura, ci è volato dentro un trito composto da 50 grammi di carote, una cipolla, la parte bianca di un porro, un pezzo di sedano, un mazzetto di timo e una foglia di alloro.


 







Dopo la rosolatura del soffritto ho aggiunto 25 grammi di farina, in modo da assorbire tutta l'acqua e aumentare ancora un po' l'effetto della rosolatura, che è proseguita solo per ulteriori cinque minuti.











A quel punto ho aggiunto il pomodoro e tre quarti di litro di acqua, compresi quei cento cc di fondo bruno che avevo fatto a suo tempo. Sale e pepe, un po' di noce moscata (udite, udite!) e due zollette di zucchero.



Sobbollire un'ora e mezza, scoperchiato (dico io, Pellaprat non lo dice, dice piuttosto che sarebbe bello metterla nel forno).








Finita l'ora e mezza si passa nel chinois (non buttate via i resti!) e si "aggiusta" con una "noce" di burro.













La salsa resta un filo liquida (anche perchè non ci puoi buttare dentro mezzo chilo di burro!): a seconda dell'uso che interessa la puoi tranquillamente addensare con l'amido di mais, ma questa è una mia idea.

Il bello della salsa è che poi se quella che resta la metti su qualcosa d'altro che non sia la pasta (euge: cavolfiore, radicchio crudo) è buonissima lo stesso.

La lady che abita con me ha dovuto controvoglia emettere un "buonissima" che da tempo non sentivo.




Carnacina, più vicino a noi di Pellaprat, racconta una salsa al pomodoro molto simile a questa: sostituisce il lardo con il prosciutto, grasso e magro, e non usa la carota, il sedano e il porro. Ci tiene a definirla "Grande salsa di base", e ne ha ben donde.

Artusi (ricetta n. 125, da andarsi a leggere solo per l'incipit) aggiunge l'aglio e non usa il grasso animale, nè all'inizio nè alla fine.

E poi ci sono svariate altre salse di pomodoro, che però sono soltanto dei sughi.

Questa è una salsa che ha il suo pregio nella delicatezza e nella rotondità del sapore, che sono unici, credetemi.
Se poi hai fretta fai la pommarola, ma è tutta un'altra storia......
Bonne nuit

Aggiunta del giorno dopo:
stanotte, preso da un soprassalto di curiosità, ho letto anche la salsa di pomodoro di Bocuse, principe della nouvelle cuisine.
I cambiamenti rispetto a Pellaprat sono:
1 - pancetta invece che lardo;
2 - non usa il porro;
3 - mette il burro da subito;
4 - usa l'aglio (io non è che non sono d'accordo, però ritengo che l'aglio e la cipolla non stiano bene assieme);
5 - usa solo un quarto di litro di fondo bianco di vitello e, proporzionalmente, fa cuocere meno la salsa.
Mi e vi domando: sono modifiche tali da rendere "nouvelle" la salsa? Boh

martedì 6 dicembre 2011

Cucinare con niente o quasi - 2

Proseguo con il secondo piatto di sabato, anche lui rimediato dalla dispensa.

Ingredienti:
- una confezione di ceci;
- una scatoletta di salmone affumicato sott'olio;
- una presina di origano secco;
- un po' di olio evo, quello mio.

Si tratterà di frullare con il minipimer i ceci, dopo averli ben scolati, fino a renderli una crema e aggiungendo un po' di olio.
Aggiungi poi il salmone a pezzettini, non c'è bisogno di frullare anche lui, mescoli con la forchetta, aggiusti di sale ove ve ne fosse la necessità, metti l'origano e se vuoi una piccola spolverata di pepe.
Puoi fare la tartina sulla fetta biscottata, come ho fatto io.











Dopo averlo fatto mi è venuto in mente l'hummus, che vi consiglio di andare a vedere qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Hummus
anche esso a base di ceci.

Cucinare con niente o quasi - 1

Perché ti puoi trovare nella situazione di non avere in casa niente di fresco e allora devi aguzzare l'ingegno.... e la cosa, non negarlo, è parecchio divertente.
Quindi devi frugare nella dispensa, e l'elenco delle cose trovate è questo:
- pasta secca formato conchiglie;
- una confezione di piselli-carote in scatola (vedi che non è un errore tenerne un po' in casa);
- semi di sesamo, conservati nel vasetto bormioli a tenuta;
- olio evo, sale e dado vegetale li diamo per scontati in quanto sempre presenti.
In particolare no cipolla, no aglio, no odori freschi, no formaggio, no pomodoro.




Quindi il sugo l'ho fatto saltando in padella con un filo d'olio i piselli e le carotine, e aggiungendovi il sesamo per farlo un po' tostare.













Per guadagnare qualcosa in sapore la pasta l'ho cotta "a risotto" con acqua bollente e dado.














Quando è stata pronta l'ho saltata insieme al "sugo" e l'ho servita, e il sesamo e i pisellini si sono infilati nelle cavità delle conchiglie, cosicché anche l'occhio ha avuto la sua parte......



Pensavo peggio, ma di  molto.

domenica 27 novembre 2011

La cucina del giorno dopo (profumi di Calabria)

La cucina del giorno dopo, ancorchè in un certo qualsenso necessaria, è comunque un piccolo tormento, perchè la serata non è stata delle più leggere. Però è domenica, ti pare brutto non cucinare, anche se sai che mangerai solo riso in bianco, un frutto forse. Sei anche stanco, sabato è stata una giornata veramente faticosa.
Devi fare qualcosa di rapido, prima di tutto, e di carino, sennò che lo metti sul blog a fare.....Frughi un po' nella storia della tua vita (oltre che negli avanzi delle lavorazioni di ieri), ed escono fuori certi zucchini che neanche tu sai bene come farli, quindi te li dovrai parzialamente reinventare. Ma va bene così, qualche lettore in vena di rapidità li rifarà con piacere, qualche altro lettore in vena di precisione me li correggerà, lievemente immagino.

A me gli zucchini piacciono tagliati solo in una maniera. Per dovere (scolastico) imparo e imparerò tutti tagli di verdure della cucina classica, ci mancherebbe, ma io gli zucchini li taglio in otto, per il lungo, cioè a strisce che poi vengono ritagliate in pezzetti di 4-6 centimetri. Posso ben chiamarlo taglio alla euge, se proprio dovessi.
Questi zucchini finiscono nella saltiera, con un po' di olio e con tanta bella menta (iersera: Mohjto). Li porti a cottura così e quando sono ammorbiditi ci sbatti due pugni di pangrattato, che si impregna un po' di olio e un po' si abbrustolisce. Solo alla fine ci verserai l'aceto, in quantità e qualità secondo il tuo gusto.
Bon appetit, e il cinghiale inizia a sfumare nel ricordo, verso nuove méte gastronomiche.




Cinghiale 4 - il dolce-forte

Ed eccoci all'ultimo piatto della serata, una ricetta storica della cucina italiana, scritta da Pellegrino Artusi.

Bisogna citarla fra virgolette, infammezzata però dalle note mie di lavorazione: "A me pare sia bene che il cignale da fare dolce-forte debba avere la sua cotenna con un dito di grasso, perché il grasso di questo porco selvatico, quando è cotto, resta duro, non nausea ed ha un sapore di callo piacevolissimo [concordo al 100%].
Supposto che il pezzo sia di un chilogrammo all'incirca [tagliatelo a cubetti tipo spezzatino, 4 cm di lato], eccovi le proporzioni del condimento.
Fate un battuto con mezza cipolla, la metà di una grossa carota, due costole di sedano bianco lunghe un palmo, un pizzico di prezzemolo e grammi 30 di prosciutto grasso e magro. Tritatelo fine colla lunetta [non ce n'è bisogno]  e ponetelo in una cazzaruola con olio, sale e pepe sotto al cignale per cuocerlo in pari tempo. Quando il pezzo ha preso colore da tutte le parti, scolate buona parte dell'unto, spargetegli sopra un pizzico di farina, [fatelo asciugare bene bene] e tiratelo a cottura con acqua calda versata di quando in quando. Preparate intanto il dolce-forte in un bicchiere coi seguenti ingredienti e gettatelo nella cazzaruola; ma prima passate il sugo [che vorrebbe dire: leva la carne, un pezzetto per volta e con santa pazienza, e frulla tutto il resto].

Uva passolina, grammi 40.
Cioccolata, grammi 30.
Pinoli, grammi 30.
Candito a pezzetti, grammi 20.
Zucchero, grammi 50.

Aceto quanto basta; ma di questo mettetene poco, perché avete tempo di aggiungerlo dopo. Prima di portarlo in tavola fatelo bollire ancora onde il condimento s'incorpori, anzi debbo dirvi che il dolce-forte viene meglio se fatto un giorno per l'altro. Se lo amate più semplice componete il dolce-forte di zucchero e aceto soltanto [tò chi si vede, il solito agrodolce....].
Nello stesso modo potete cucinare la lepre [se trovate chi ve la porta....]. 



Cinghiale 3 - Hamburger agli agrumi


Altra ricetta presa da La Cucina Italiana, e stesso discorso, fra l'altro io una parte della ricetta non l’ho preparata.

Metterai a marinare per una notte la polpa di cinghiale (solito mezzo chilo per quattro amici) con un bicchiere di vino (è qui che io ho usato il Pinot grigio), le bucce senza il bianco di un'arancia, due mapo (se li trovi sei un cuoco fortunato, io ho ritenuto di supplirli con due mandarini ma non è detto che non si possano usare due pompelmi) e due lime. Intanto così anche la carne prende qul bel profumino di agrume.

Poi dovrai fare una julienne con il verde di due zucchine, con due carote e con eguale quantità di  sedano di Verona.
Sbollenta per 4-5' la buccia di un mapo (vedi sopra), quella di un lime e quella di mezza arancia; scola il tutto e riducilo a julienne.
Adesso puoi pulire la carne dalla marinata e tritarla finemente a mano, se hai tempo e sei brava/o: altrimenti ti organizzi diversamente: tritare la verdure o il prezzemolo al coltello è un conto, il cinghiale è diverso.
Del tuo trito di cinghiale, comunque fatto, preparerai quattro palline che schiacciate diventeranno quattro begli hamburger, che sbatterai sulla griglia rovente, rosolandole da entrambi i lati.
Intanto (e qui ti voglio, un’occhio alla carne e uno alle verdure) appassisci la julienne di verdure insieme con quella di agrumi nell’olio caldo. Sala e irrora con il succo di mezza arancia, di mezzo mapo e di un lime, facendo ridurre il tutto della metà; unisci quindi una noce di burro, mescola e spegni.
Io ho posato l’hamburger sul piatto e l’ho ricoperto con un po’ julienne, dimenticandomi bellamente che se ci avessi messo sopra un po’ di prezzemolo tritato era anche meglio.
La foto qui è “leggermente” più dignitosa



Cinghiale 2 - le tagliatelle con il ragù

Ma le tagliatelle non le ho fatte io, questa volta non ce la facevo proprio; però ho un fornitore che vorrei definire ... di eccellenza.
Il ragù che ho preparato mi ha veramente soddisfatto.
Questa volta la ricetta è della Cucina Italiana, me la ricordo bene, ma non metto il link perchè tanto bisogna iscriversi al sito.

Per il ragù, per quattro, ci vorranno: mezzo chilo  polpa di cinghiale, cipolla g 150,  una costa di sedano da g 60, vino bianco secco, brodo vegetale quanto serve, olio evo, sale e pepe.

Trita il sedano, la cipolla e soffriggi il tutto (hai notato che la carota non c’è?), a fuoco dolce, in una casseruola con un filo d'olio caldo. A parte (e questo mi trova molto d’accordo), in una padella ben calda unta d'olio, rosola a fuoco vivo la carne di cinghiale, che hai fatto a cubettini sui due centimetri, per farla colorire bene, quindi trasferiscila nel soffritto di verdure; bagnala con un bicchiere di vino bianco secco, fallo sfumare bene e unisci il brodo vegetale sufficiente a coprirla, sala, pepa, incoperchia e lascia stufare lentamente il ragù per circa 2 ore e mezza. Eventuali rabbocchi di brodo se la salsa si asciuga.
Il lettore attento avrà notato che in questo ragù non c’è il pomodoro, e questo deve per avere il suo perché.
Quando poi è il momento di scolare la pasta e unirla al sugo non dimenticare di aggiungere un bel po’ di parmigiano reggiano.

Altra brutta foto, l'avevo quasi finito e ho dovuto farmi "aiutare" con i piatti dei vicini, ah ah ah

Cinghiale 1 - il Patè

Sono così ben considerato dai miei amici che mi vengono proposte simpatiche sfide culinarie, che io accetto di buon grado perchè, se non fosse chiaro, cucinare mi diverte.
Giovedì sono quindi arrivati circa sei chili di polpa di cinghiale, già frollata e pronta per la bisogna.
Il menù che ho studiato quindi lo pubblico, perchè mi è costato grande impegno e perchè, sul blog, gli dò una piccola patina di eternità. E soprattutto lo pubblico perchè mi piace condividerlo.
Le dosi delle ricette originali io le ho dovute moltiplicare per tre o per quattro.
Nota bene: tutto il cinghiale che ho ricevuto l'ho marinato, per una notte, non di più, con vino (per tre piatti Cabernet, per uno Pinot grigio), sedano, carote e cipolle tagliate a pezzettoni, alloro, salvia, rosmarino e timo.
Fra parentesi penso che mi piacerebbe assaggiare una bistecca di cinghiale alla griglia, non marinata, ma queste sono le cose che si fanno da solo.

Passiamo all'entreè, il patè di cinghiale. E' un piatto che combina bene l'eleganza del patè con la "rusticità" del cinghiale, e questo mi è sembrato un ottimo motivo per farlo.
La ricetta l'avevo fatta circa tre anni fa, se ben ricordo, e mi pare che l'avessi presa dalla Cucina Italiana, comunque adesso la ricetta è qui: patè di cinghiale, non sto quindi a ricopiarla.

Commenti in corso d'opera: ovviamente bisogna tagliarlo, nella previsione della tritatura, a pezzettini piuttosto piccoli, e rosolarlo con particolare cura. Dovrà essere un po' bagnato ma non eccedete nel liquido di cottura, penso sia meglio aggiungerne di volta in volta. Una volta frullato assieme al burro è imperativo assaggiarlo per valutare come è di sale. Non esagerate con il Cognac chè poi il patè sa solo di liquore.
Il mio l'ho messo dentro uno stampo da plumcake avvolto dalla pellicola da cucina, dimodochè quando esce fuori è proprio una bella mattonella.
Occhio a tirarlo fuori almeno una mezzoretta prima di servirlo.

Nota bene: le foto della serata del cinghiale sono di pessima qualità, per tanti motivi, il più importante dei quali è che se hai quattordici bocche pigolanti il tempo della foto si restringe e ti ricordi che dovevi fare la foto solo troppo tardi. Mi scuso quindi in anticipo.

Questo è comunque il patè, e adesso che lo rivedo mi ricorda certe carni in scatola..... ma fidatevi, è buonissimo.



martedì 22 novembre 2011

Ho fatto ...solo l'aperitivo

Infatti è proprio così. Anche se sono invitato mi piace portare qualcosa fatto da me, sarò ben l'orsacchiotto cuciniere per qualche motivo!

Allora ho studiato questo aperitivino, che mi piace condividere con i miei lettori:
1 - da bere il Kyr con il prosecco Carpenè. Trovo che questo accostamento sia perfetto. Certo, immagino che lo Champagne sia meglio ma lo Champagne preferisco bermelo da solo. Circa la proporzione la mia è 1 di Cassis e 4 di Carpenè. So però che altri usano 1+10. Io preparo delle caraffe da cui gli ospiti possono versarsene liberamente, fino a barcollare (ed è successo, per fortuna).

2 - pane con la macchina del pane: vedi post precedente. Uguale in tutto e per tutto, a parte che ho messo un po' più di olio e di concentrato: su questa "pizza destrutturata" ho messo sopra una fettina di mozzarella vaccina (error: deve andare un attimo nel forno perchè la mozzarella incominci a ad ammorbidirsi. Per la prossima volta). Sono questi:

3 - pane con la macchina del pane ma di altro tipo: nell'impasto ho messo aglio e prezzemolo, e ho usato come corpo grasso il burro. Oddio, non si può dir che sia cattivo, ma non funziona. Il prezzemolo si sente poco (non puoi metterne un'enormità), anche l'aglio (ho paura che certuni poi siano disturbati) e il pane resta un po' duro. La prossima volta: due spicchi d'aglio tritati, e soprattutto olio al posto del burro. Su questa tartina ho spalmato lo yogurt greco, che la prossima volta mescolerò con il prezzemolo tritato. Se non vi piace il fondo di acido metteteci quella specie di formaggio con le due ph.

4 - sfoglia Buitoni rettangolare, non lo nego. Ho fatto delle striscioline di cm 10 x2 circa, ho fatto la gassetta e le ho dipinte di uovo. Una spolverata di semi di sesamo e in forno a 200. Sono venuti dei bastoncini quasi cilindrici che  io ho trovato utilissimi da inzuppare nelle 5 e 6.

5 - crema di finocchi (vedi post "Punta di petto al forno"): mondiale sotto ogni punto di vista, specie con il cucchiaino di curry che ci ho aggiunto. Io me ne mangerei tre etti al giorno ma, si sa, sono goloso.

6 - crema di melenzane, buonissima anche se più pizzicorina della precedente. Metti una melanzana a cubetti in padella con l'olio, uno spicchietto di aglio, un cucchiaino di origano, un peperoncino che poi leverai, e un bicchiere di vino bianco. Cuoci fino all'ammollamento e poi frulli come l'altra.

Poi ci siamo seduti a tavola........ e abbiamo incominciato con la polenta.


P.S. aggiungo, perchè l'ho appena letto, un link a questo post. Vi chiedo di leggerlo e di diffonderlo come meglio riterrete: io boicotto Gardaland!

venerdì 18 novembre 2011

Uso creativo della macchina del pane

Lo so, questo non sarà un post per tutti ma solo per chi ha la macchina del pane..... del resto io l'ho trafugata. Perchè non usarla o avere una preclusione? Io la trovo molto comoda, intanto perchè mentre lei lavora io faccio dell'altro e in secondo luogo perchè mi risolve il problema, per me di non facile soluzione, della lievitazione. Fa tutto lei, anche la lievitazione. Sì, ci impiegherà tre ore e rotti ma a riempirla ci vogliono solo cinque minuti.
Per cui sono molto contento di averla e la uso relativamente spesso.

Come iersera, che mi è balenata questa idea, che, in un accesso di entusiasmo vorrei dire autocelebrativo, ho definito nel titolo "creativa"......

La ricetta che uso io la trovate qui, ricetta per macchina del pane, che è proprio un bel sito, anche con notizie interessanti per chi farà una dieta  ;-)
A questa ricetta ho aggiunto: un cucchiaio e mezzo di concentrato di pomodoro, un echalot tritato al coltello fine fine e un mezzo cucchiaino di origano.
E mentre la macchina lavorava non sapevo più se era pane o pizza, e questo è stato carino.....











Questo bel pane rossastro l'ho voluto presentare semplicemente così, con una fetta di mozzarella, un filo d'olio e una spolverata di pepe.

N.B. Per chi non fosse per un qualche motivo convinto: domani ne farò anche un altro.
Bonne nuit, son tornato da scuola e sono un po' fuso, ma la ricettina l'ho voluta mettere per condividerla, e chissà che qualcuno dei miei lettori domani non se la prepari.......

Pappardelle 2, la vendetta

Cinque giorni dall'ultimo post è un po' troppo, me ne rendo ben conto. Ma il lavoro e la scuola mi lasciano veramente poco tempo, specie se ci sono verifiche per le quali, se pur un minimo, bisogna studiare: è la mia personalissima legge del contrappasso, non posso, non devo e non voglio avere un curriculum scolastico meno che splendido, vuoi perchè sono "vecchio" vuoi perchè devo "riparare" certi comportamenti liceali.......

Ieri sono arrivato a casa un'oretta prima, e mi sono rifatto le pappardelle: pensavo, abbastanza a ragione, che farle per tre (220 grammi di farina e due uova) mi avrebbe portato via meno tempo. Le ho fatte di nuovo con la farina integrale perchè in questo momento mi piace particolarmente.
Non aspettatevi un grande sugo: è un sughetto fatto con quello che ho trovato in frigorifero, ma non mi sono dispiaciuto. Non ho voluto usare a ragion veduta la lattina di pelati, che l'avrebbe reso più "sugo" ma ho usato i pomodorini, perchè penso che siano comunque più saporiti.
Un paio di etti di cimette di cavolfiore verde sono andati ad ammorbidirsi nel cestello a vapore, seguiti di lì a poco da tre zucchini, solitari abitanti di un cassetto troppo basso (odio inginocchiarmi davanti al frigo, è più forte di me).
Intanto che le verdure si invaporavano ho messo nella saltiera il giusto olio evo, un paio di echalot e i miei pomodorini tagliati a metà. No peperoncino né aglio, troppo forti con le verdurine che di lì a poco si sono accompagnate. Anche un bel pugnetto di funghi secchi, ammorbiditi nell'acqua tiepida e e tagliati, si sono aggiunti. Un qualche pizzico di sale, per i pomodori, più che altro.
Quando siamo a tiro con la pasta alziamo il fuoco sotto la saltiera, scoliamo e saltiamo.
Impiattare e versare un filo di olio evo, ligure magari.....


domenica 13 novembre 2011

Punta di petto al forno

Taglio di terza categoria?
Ma per favore!
Come noto la categoria delle carni macellate si riferisce soltanto al loro contenuto di grasso, e la punta di petto ce n'ha tanto (WOW).
Allora, avevo in frigorifero un kilo di punta (di bovino adulto) avanzato dall'ultimo bollito, non ancora cotto ovviamente, e ieri è stato il momento buono di utilizzarlo. Era già stato tagliato idoneamente e quindi ho deciso di farmelo arrosto. Quindi una prima bella rosolata nella saltiera con l'olio e qualche fogliolina (secca, purtroppo) di rosmarino e salvia e un aglio incamiciato.
Intanto il forno lavorava in silenzio, scaldandosi fino a 180°C.
Quando la rosolata mi è parsa giusta l'ho trasferito nella pirofila, su un lettino di tre carote, tagliate in due pezzi longitudinalmente e una cipolla tagliata a fettone, per non fare appoggiare la carne.
Mi sono poi ricordato che nel freezer stazionava un'ultimo contenitore con il mio mitico fondo bruno, e un po' di fondo è finito nel bicchiere a sciogliersi nel microonde.
Quindi dopo aver appoggiato la carne sulle verdure  ci ho versato il fondo, un pizzichino di erbe di Provenza e una spolverata di pepe. Gli ho dato due ore di forno tutta avvolta dalla carta alluminio. E poi ancora dieci minuti senza carta.
Intanto che la carne è infornata mi pongo il problema del contorno.
Mi farò quei finocchi che, appesi fuori dalla finestra, aspettano impazienti la loro fine naturale.
Affettati al coltello fini fini li salto in padella, con gli immancabili, aglio, olio e peperoncino. Conservo le loro barbe, sono buone.
Quando hanno preso il colore aggiungo un  po' di acqua, un pochino di dado vegetale in polvere, abbasso e incoperchio.
Non so cosa sia stato ma i miei finocchi sono scuriti, non hanno un bell'aspetto. Il genietto che è dentro di me mi suggerisce qualcosa......
E allora li sbatto nel frullatore, insieme a un pugno di prezzemolo tritato e alle loro barbe.
Ne viene fuori una cremina che ha qualcosa del paradiso, e che abbisogna soltanto di una piccolissima punta di sale. Questa cremina sarà messa a specchio nel piatto, con sopra l'arrostino e un cucchiaino del fondo di cottura.
Buono, buono, buono, ultimamente mi piaccio parecchio. Sarà l'effetto della scuola.....

Bon appetit!!


mercoledì 9 novembre 2011

Torta al cioccolato

Prosegue la pubblicazione delle ricette con la Guinness, mia ultima scoperta, golosissima, anche da sola, figuriamoci nella torta al cioccolato. Di queste ricette devo sempre ringraziare, e ad alta voce, Marta di Chef per caso.
Praticamente è un cheese cake.
Prepari una base con 250 grammi dei "famigerati" biscotti Digestive, che sarebbe una confezione, 125 grammi di burro ammorbidito e 125 di zucchero di canna (secondo me 100 potrebbero andare bene). Frulli i biscotti, amalgami bene il tutto e poi lo schiacci dentro l'anello della tortiera, che se ti esprimi al meglio riuscirai anche, con un po' di pazienza, a fare il bordo rialzato. Dagli una bottarella di freezer, che indurisce un po'.
Dentro all'anello ci versi due impasti, fra loro poi mescolati.
Il primo: 100 zucchero, 125 burro in pomata e 250 di cheese, appunto. Qui le mie idee e quelle di Marta divergono leggermente. Lei usa quel "formaggio" che ha due ph nel nome. Io ho usato yoghurt greco (leggerissimamente troppo molle per quest'uso); la ricotta forse è la migliore soluzione.
Il secondo: 250 grammi di cioccolato fondente e sciolto in un qualche modo, in cui verserai 125 ml (un ottavo di litro, quindi) della splendida Guinness draught. Lo fai raffreddare un pochino e poi lo mescoli al precedente.
Versi il tutto nell'anello e sbatti in frigo per un paio d'orette.
Poi, dato che sei proprio un/una cuoco/cuoca bravino/a ti applichi a fare uno stencil rotondo per la tua torta, cosa che io non ho fatto, dimodochè quando, prima di servirla, la spolvererai di cacao in polvere, ci resterà sopra un bel disegnino, e non verrà una foto veramente modesta come è quella che vedi qui sotto.
Finisci una cena con questa torta, e bevici sopra un altro po' di Guinness, e vedrai il mondo, il tuo mondo, con occhi del tutto diversi.
Bon appetit!



lunedì 7 novembre 2011

Euge, la pasta fresca e le ricette "pensate"

Questa ricetta è la storia di una riflessione che ho fatto su come voglio cucinare.
Tutto incomincia dal mio ultimo acquisto, la sfogliatrice, o lasagnatrice che dir si voglia, da "attaccare" al mio robot. Adesso finalmente posso impastare nel bicchierone e poi tirare la sfoglia come voglio. Nelle mie fantasie non vi era alcun bisogno di rulli con le trafile per tagliolini, fettuccine o quant'altro. Basterà tirare la sfoglia, avvolgerla su sè stessa e poi tagliarla con il coltello, e srotolarla. Nulla di difficile. Ma le fantasie hanno il limite che tutto sembra semplice e rapido: quando poi ti ci metti, e mancano due ore all'arrivo degli amici, incominciano le difficoltà:ma forse il divertimento è proprio questo.....

Ho buttato nella tazza otto uova intere, il sale, lo zucchero e un pochino d'olio, e ho iniziato a impastare, o meglio, a far impastare dalla macchina. In dieci minuti son riuscito a ottenere la mia palla e, tutto contento ho incominciato, con palline poco più piccole del mio pugno, a tirare la sfoglia, due o tre volte col numero 1 e poi a scalare fino al 5, sempre più sottili. E così ho ottenuto una bella sfoglia grigio-gialla, una settantina di centimetri. Bene bene, adesso l'arrotolo e la taglio. Aaaaaaaarghhhhhhhh!!!! Si appiccica tutta! Non la riesco a srotolare! C'aggi'a fa?
Vabbè, intanto la prima la reimpasto. Sono giunto a un discreto risultato facendo così: la sfoglia, una volta tirata, l'ho infarinata e l'ho lasciata ad aspettare qualche minuto, il tempo di tirare la successiva. Certo che fare le tagliatelle tutte uguali era richiesta superiore alle mie possibilità, per cui l'ho fatte tutte diverse, e le ho chiamate, a motivo della larghezza ma anche dello spessore, pappardelle integrali.
Eccole, di esse debbo dire che sono molto fiero....

..... forse perchè mi contento di poco!

Il sugo che volevo fare, cioè che avevo in testa, non esiste in nessun libro. L'ho dovuto inventare. Questo perchè il secondo piatto era una montagna di bollito (che son due giorni che stiamo smaltendo) e non mi sembrava nè intelligente nè simpatico fare una sugo "pesante".
Allora ho fatto un ragionamento: voglio fare un sugo di verdure, ma quali verdure? Niente di più semplice, le verdure che mi offre la stagione, che sono le più buone, le meno care e quindi le più reperibili sul mercato. E allora mi sono preso una delle tante tabelle della stagionalità di frutta e verdure e ho scorso con attenzione la colonna di novembre. E intanto l'idea maturava......
Ecco il mio sugo, a base di carciofi, certo, e quindi non molto originale, ci mancherebbe, non sono mica Escoffier!
Metti il porro affettato a soffriggere e quando è colorato ci butti carciofi e li fai un po' insaporire. Dopodichè li sali e ci metti un po' di acqua (o brodo, se vuoi). Non c'è santo, i carciofi, per sottili che li affetti non riescono ad ammorbidire senza cuocere nel liquido. Li ho portati quindi a cottura incoperchiati. Nel frattempo ho saltato in padella due cespi di trevigiana tardiva, quella con i riccioli, con l'olio evo e un'aglio incamiciato.
Alla fine ho messo le due cose insieme. Naturalmente non avrei voluto finire la ricetta così, nel senso che mi ero anche pensato di sbriciolarci sopra alcune noci, perchè ho in casa certe noci appena tirate giù dall'albero, tutte nere, proprio buone. Ma l'ansia di arrivare in tempo mi ha fatto dimenticare questa aggiunta finale, a mo' di spolverata di parmigiano.
Ma voi, sempre che abbiate voglia di farvi questo sughetto, mettetecele, non ho bisogno di averle assaggiate per immaginare che ci stiano bene.
La pasta è piaciuta, parecchio, e questa è la mia più grossa soddisfazione.
Eccola:
Riconoscerete agevolemente nella foto le striscioline di trevigiana.

P.S. La pasta che mi sono fatto da me, ripeto con farina integrale, uova, olio, sale e zucchero, ha il pregio di una digeribilità assoluta. Nulla a che vedere con le paste del commercio: e questo vorrà pur ben dire qualcosa (additivi, conservanti, cazzi, mazzi, ecc ecc).

Bonne nuit

domenica 6 novembre 2011

La torta con la zucca

Torta salata di recentissima ripetuta produzione, a motivo di qualche aggiustamento, e di grande soddisfazione.
E' aperitivo, antipasto ovvero contorno. A seconda della quantità e del taglio.
Ed è stata occasione per lucidare le idee sulla pasta che la contiene. Ma andiamo con ordine.

Ci vorranno tre mazzetti di bietoline, quelle a foglia piccola, chè son più tenere, diciamo mezzo kilo pulite. La zucca, a seconda di quanto possa piacere il suo dolce gusto e previo ammorbidimento nel forno, potrà essere due o tre etti, così come la ricotta, come sempre la più buona che tu potrai trovare. Uno spicchietto d'aglio, un porro, tre uova. Tanta bella maggiorana, tritata al coltello e due cucchiai di parmigiano.
Incominci a mettere le fette di zucca nel forno, non c'è bisogno di pulirle bene,lo farai dopo.
Metterai poi nella padella il porro affettato e l'aglio schiacciato con un po' di olio evo, magari non troppo forte. Quando iniziano a prendere il colore levi l'aglio e butti le bietole che hai affettato a striscioline e la maggiorana. Poi nella padella metti anche la zucca ammorbidita dal forno (che gli dato anche un certo profumino di bruciaticcio), a cubetti piccoli, e la schiacci intanto che finisce di cuocere.
Quando le verdure sono pronte le trasferisici nella boulle e le mescoli con le uova e il parmigiano.

Il contenitore di questa bella torta è la pâte à foncer (che tradurrei pasta per rifasciare), che è una variante della brisée classica. Ci vorranno 250 g di farina 00, 125 g di burro (nella brisée 150), un uovo, un cucchiaino di zucchero e mezzo di sale, 40 ml di acqua fredda. Per chi ne ha la possibilità bisognerebbe lavorarla su un piano di marmo. Poi, una volta fatta la palla la metti in frigo per almeno mezz'ora, una volta tirata fuori la stendi e la riempi con la farcia.
Una mezzoretta di forno a 180 °C potrà bastare per cuocerla.
Questa ricettina è fatta in collaborazione, e su ispirazione, della Signora che vive con me, che ogni tanto vuole dimostrarmi di essere anche Lei brava cuoca. Chapeau!





A sproposito, segnalo nuovi utilizzi del computer

venerdì 4 novembre 2011

L'uovo al pomodoro

Ricettina minimalista ma non del tutto banale, e con qualche aspetto di originalità.

La storia è presto detta: un mio amico e collega mi ha raccontato che il nonno era "direttore di cucina" (vulgo: chef de cuisine in ambito marittimo) nienetepopodimenoche sull'Andrea Doria! WOW! La mia fantasia è partita e mi sono immaginato cucine immense, con "vere" brigate di cucina, un'atmosfera da fin de siècle, quella che piace a me.
Il mio amico mi ha raccontato che il nonno, quando era a terra, gli faceva solitamente questa preparazione: su una sottile fetta di pane di segale metteva l'ovetto fritto e, sopra questo, sottilissime fettine di pomodoro. Tutti fanno le uova al pomodoro ma tutti usano la salsa! Quindi la fettina di pomodoro secondo il mio modestissimo parere ha il suo perchè.

Euge ha pensato bene di riproporla in questi termini:
1 - invece che il pane di segale, ho usato il pane alla Guinness, che iersera avevo ancora in casa. Come l'ho imparato a fare: in sintesi per mezzo kilo di farina il solito cubetto di lievito, un cucchiaino di sale e uno di zucchero e, al posto dell'acqua, una lattina di Guinness draught. Una prima lievitazione di un'oretta, una rimpastata e un'altro quarto d'ora di lievitazione. Si può infornare direttamente in una pentola già scaldata in forno. Un'oretta potrà bastare.
2 - l'uovo. Non ho fatto l'uovo fritto ma ho voluto fare l'uovo in camicia, così ho imparato a farlo. Un litro di acqua, 100 cc di aceto forte, bianco, un cucchiaio di sale fino (due mi sono rifiutato!). Apri l'uovo nel piattino e quando l'acqua bolle lo fai scivolare con delicatezza nella pentola, a cui abbasserai il fuoco perchè la temperatura che l'ovetto gradisce non deve essere superiore a 95 °C. Aiutati con qualcosa al fine di non fare "stracciare" tutto l'albume. Tre minuti sono sufficienti: non di più! Il rosso dovrà rimanere liquido. Non ci sarà bisogno di dire che le uova bisogna cuocerle una alla volta.......

Eccola qui la ricettina, che potrebbe essere un antipastino invernale un po' significativo, ma anche, magari raddoppiata, un secondo...

sabato 29 ottobre 2011

Cucinare con la Guinness 1: il farrotto

Ecco qui la prima ricetta con la Guinness che voglio postare, imparata da Chef per caso e rifatta in serata.
Mezzo chilo di farro perlato potrà ben bastare per sei umani di appetito normale e consapevoli che mangeranno altro.

Incomincerai a tritare due scalogni e un po' di bacon, diciamo un etto e mezzo o due, a striscioline sottili. Poi metti a bagno nell'acqua tiepida 40 grammi di porcini secchi, magari che ti sei comperato sfusi scegliendoli uno per uno. Fatti anche un po' di brodo vegetale, se proprio se un uomo fortunato con tanto tempo a disposizione te lo puoi fare per davvero, se no ti aggiusti con quei parallelepipedi marroni.....

Ecco, adesso potrai far rosolare l'echalot e il bacon con un filo di olio evo, e quando sono giusti aggiungi il farro e i funghi tritati per insaporirli. Quando riterrai che l'insaporimento sia arrivato al culmine ci butti dentro una bella lattina di Guinness, intera, per iniziare la cottura del farro, che avrà bisogno di quel quarto d'ora [nota bene: il farro non è come il riso, resta un po' duro!]: i dieci minuti citati sulla scatola secondo me sono un po' troppo pochi.
Esaurito l'effetto della birra finirai di cuocere il farro con il brodo, ma nulla vieta che, se lo desideri, tu lo cuocia solo con la Guinness.
Quando è pronto mantechi con parmigiano e un filo di olio evo.


Oggi do anche un 'indicazione sul bere: Black Velvet, e non dico altro.
Solo il link: black velvet
E' una di quelle cose che quando le conosci non te ne puoi più staccare...........

La cucina del mezzogiorno del sabato (2): la tagliata all'acciuga

Anche qui nulla di innovativo o di particolarmente eccitante, solo un modo un po' diverso di fare la solita tagliata di manzo. Una sola raccomandazione: usate la tagliata più buona che trovate, chè quando la grigliate non debba cedere il solito litro di acqua.
La tagliata è presto fatta e perciò detta: la cuoci sulla griglia o sulla vetroceramica e quando è pronta la tagli con solchi longitudinali, infilandovi dentro un'acciughina sott'olio. Basterà soltanto una minima sbriciolata di erbe di Provenza. E la carne è fatta.

Per il contorno ho affettato un paio di grossi finocchi e li ho rosolati nella saltiera, con un po' di olio evo, l'aglio e il peperoncino. Una volta colorati ho pensato che non poteva starci male un po' di succo di limone, e infatti ce l'ho versato, il sugo di un mezzo limone.
Coperchio e in quarto d'ora si sono ammorbiditi come io volevo che fossero. Alla fine solo un pizzico di sale e una spruzzata di prezzemolo.

Non sarà un secondo di grande impatto ma ha il suo perchè.......

La cucina del mezzogiorno del sabato: pasta con i broccoletti

Quando hai il sabato libero ti attardi e ozi, la mattina giri un po' a vuoto, non hai molta voglia di fare tutte quelle cose che si accumulano durante la settimana e tu, illuso e consapevole, ti riprometti di fare il sabato mattina. Ma c'è sempre la domenica.....
Guarda caso stamattina l'unica voglia era quella di cucinare.....
Ho messo nella saltiera, che è la pentola che uso più volentieri, un filo d'olio e un po' di pancetta, recuperata in fondo al frigo. L'aglio e il peperoncino sono ormai così di prammatica che, in un piatto cucinato da me, non ci sarebbe bisogno neanche di menzionarli. Ci ho buttato dentro un paio di broccoletti che avevo comperato all'uopo e, per un motivo principalmente di colore, quattro o cinque carotine, adiacenti alla pancetta, che avevano ormai perso ogni speranza ed erano sicure di morire di freddo.
Intanto che la verdura rosola mi rendo conto di essermi dimenticato di sbollentarla: capita, anche ai migliori cuochi, figuriamoci a me. Nessun problema: ho aggiunto un po' di acqua bollente e ho incoperchiato il tutto, abbassando la fiamma. A fine cottura ho salato le verdurine.
Intanto la pasta cuoceva e quando è stata al dente l'ho saltata assieme alle verdure.

Come vedete nulla di difficile!
Eccola,

Ceci con cipolla, uvetta e pinoli

Un bel contorno, fatto da Marta di Chef per caso, l'altro giorno a scuola. Una giornata interamente dedicata alla birra Guinness, ma questo sarà oggetto di prossimi post.
La sera l'ho rifatto subito, perchè so che in casa i ceci sono molto graditi: è molto rapido, e vale sia come antipasto che come contorno, a vostra discrezione.
Si tratterà di tritare due cipolle bianche "mezzane" (prosa Carnacinesca, vulgo: medie) e di affettarne altre due, e di affettare uno (o due) spicchi di aglio.
Li sbatti in padella a rosolare e nel frattempo scoli una lattina di ceci da 450 grammi, 50 grammi di pinoli e altrettanti di uvetta. [Se questa riterrai di farla rivenire la metterai in una tazza con un po' di acqua e di aceto balsamico, nota di euge].
Quando la rosolatura è giusta, cioè le cipolle e l'aglio incominceranno a imbiondire, butti in pentola i ceci, i pinoli e l'uvetta e un po' di acqua calda.
Porti a cottura per un quarto d'ora a fuoco dolce e incoperchiato.
Alla fine ti resta solo da aggiungere il prezzemolo e ulteriore dose, a tuo personalissimo piacimento, di aceto balsamico.
Qualche minuto di riposo e il tuo contorno è finito.
Grazie Marta!

giovedì 27 ottobre 2011

Vol au vent ai funghi

Hai da portare qualcosa a casa di amici e non sai cosa? E, come sempre nella tua vita, hai anche da fare un milione di altre cose?
Prova questa ricettina, minimalista senza dubbio ma con il suo discreto effetto.
Per tre persone userai una sfoglia B., quella del supermercato, perchè non hai tempo (né voglia né capacità, nel mio caso) di fartela da te. Ma per l'uso che ne devi fare secondo me è sufficiente, anche se non eccezionale. Ci possono stare dodici cerchietti diametro circa 8 centimetri, che farai con idoneo attrezzo ovvero bicchiere (!). Sei di questi li devi nuovamente perforare con altro attrezzo questa volta del diametro di cm 5-6 cm, in modo da farne una bella corona circolare che appoggerai sui sei rimasti, non prima di averli spalmati di rosso d'uovo, che è la colla che usiamo.
Detto fatto li sbatti in forno a 200 °C e non lo apri fino a che non sono cresciuti: non è che devono diventare alti un metro, diciamo tre dita.
Adesso ti applichi alla besciamella, che per te, cara/o Amica/o, non ha più segreti. La fai un po' più densa, diciamo un roux 40+40 con mezzo litro di latte. Non dimenticare il sale e la noce moscata!
Dà nel frattempo un'occhiata al forno: potrebbero essere a tiro.
Terza fase: i funghetti. Usa porcini freschi, se sei ancora in stagione. I gambi li tagli a piccoli pezzi e le cappelle a fettine (come noto, per tutto in cucina, più piccolo è il pezzo e più velocemente cuoce).
Metti nella saltiera un filo d'olio evo e uno spicchio d'aglio, che, se lo digerisci male, metterai "vestito". Lo fai cuocere nell'olio e poi lo alieni. A questo punto butti i tuoi funghetti e li salti fino a cottura, pochissimi minuti. Un minuto prima della fine dei pochissimi minuti ci butterai sopra un po' di prezzemolo tritato, al coltello, come sempre.
Li tiri su, li scoli e li butti nella besciamella che calda li aspettava. Dai una mescolata e riempi i vol au vent.
Fine.
Se devi andare fuori di casa fai il pacchetto quando sono raffreddati e quando arriverai gli dai una botta di microonde.
Bon appetit!

lunedì 24 ottobre 2011

Arrostino di tacchino 2

L'avevo detto che lo rifacevo e ieri l'ho rifatto.

Ho cambiato solo il ripieno. Ma questo arrostino fatto con il petto di tacchino è un mangiare niente male.
Quindi ci ho messo dentro: gli spinaci freschi, cotti al vapore, le pere Abate, quelle un po' dure, tagliate a fettine sottili, e, udite udite, il pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone, anche lui a scaglie.
Immagino che ci potessero stare bene anche le mandorle a filetti, ma mi sono arrivate troppo tardi.

Una volta stratificato bene il tutto ho fatto l'involtino e l'ho sbattuto in forno a 180 °C, diciamo tre quarti d'ora, girandolo a metà del tempo  e aggiungendovi solo un po' di olio evo.
Mi è piaciuto molto e lo raccomando agli amici che mi leggono. Provare per credere.
Eccolo,











N.B.: scusate se mi permetto: la ricetta è mia.   ;-)

giovedì 20 ottobre 2011

Marco Polo 3 - finalmente in cucina!

Tutte le mie previsioni (vedi post precedenti) si sono puntualmente avverate.
Finalmente in cucina: in queste megacucine fatte apposta per suscitare invidia a noi poveri mortali che dobbiamo sempre fare i salti, mortali appunto, per riuscire a cucinare con i piccoli mezzi a nostra disposizione....., piastre a induzione, forni trivalenti, rèchaud, e quant'altro, ma anche stupidi ausili di un'utilità spaventosa, quali il tubo dell'acqua che ti riempie la pentola direttamente sul fornello: un  altro pianeta, insomma.
Ieri sera giro turistico in tutte le cucine dell'istituto, ovviamente dopo aver indossato la divisa. 

Ieri abbiamo fatto anche la prima verifica di cucina, teorica, su argomenti che, per chi non ha qualcosa che brucia nel cuore, potranno sembrare anche poco importanti: le forme di ristorazione, i significati della divisa, la brigata di cucina........, cose che però hanno tutte un loro senso profondo, che forse i ragazzi non riescono ad apprezzare compiutamente ma io, che ragazzo non sono più, leggo bene nella loro portata.
Vi siete mai domandati perchè tutte le persone che lavorano in cucina costituiscono la "brigata"? Perchè la gerarchia in cucina è terribile, più che nell'ambiente in cui lavoro tutti i giorni, che è quello della medicina ospedaliera, come noto. E lo Chef de cuisine è il generale indiscusso e indiscutibile a cui è dovuta l'obbedienza cieca, rispettosa e assoluta, anche sei se sei il più vecchio di tutti, e i tuoi compagni di scuola potrebbero essere i tuoi figli, e anche se cerchi di mimetizzarti fra loro.........