Andiamo a incominciare

Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.

domenica 5 giugno 2011

La minestra di magro alla casalinga

Oggi ho dovuto passare qualche ora in macchina, e il viaggio è stato allietato dall'ascolto delle avventure di Gianburrasca, libro per ragazzi scritto poco più di cento anni  fa, dal giornalista Luigi Bertelli, libro che ha la rara virtù di sembrare sempre nuovo e soprattutto scritto in una lingua in cui il fiorentino colto contamina meravigliosamente l'italiano.
Ma qui non voglio parlare di lingua, voglio parlare di cibo. E allora ricopio la descrizione della preparazione della minestra di magro del venerdì:

Allora mi ricordai che era venerdì, il giorno sacro alla famosa minestra di magro che in mezzo a tutte le minestre di riso della settimana veniva ad allietare i nostri stomachi, a quella eccellente minestra di magro così saporita e che pareva riunire in sé le fragranze più care dell’umano palato...
Mi sentivo venir l’acquolina in bocca e una grande malinconia mi scendeva giù nella desolata solitudine delle mie povere budella...
Fortunatamente questo atroce supplizio durò poco, perché ogni desiderio mi sparì come per incanto dallo stomaco appena scoprii la ricetta con la quale il cuoco del collegio faceva la sua ottima minestra di magro.
Stando appollaiato sulla finestra avevo visto più volte andare e venire lo sguattero, un ragazzettaccio che da quel che capii era stato preso da poco perché sentivo il cuoco che gli diceva continuamente: - Fa’ così, fa’ cosà, piglia qui, piglia là - e gli insegnava tutto quel che aveva a fare e dove stavano gli utensili e come dovevano essere adoperati...
- Tutti i piatti sudici di ieri, - gli domandò a un certo punto il cuoco - dove gli hai messi?
- Lassù su quell’asse come mi diceste voi.
- Benone! Ora rigovernali nella solita caldaia dove hai rigovernato ieri e ier l’altro, ché l’acqua calda dev’essere al punto giusto... E poi risciacquali come le altre volte nell’acqua pulita. -
Lo sguattero portò tutti i piatti sudici nel cortiletto e a due a due li fece scivolare dentro il caldaione dell’acqua calda. Poi si mise a tirarli su, a uno per volta, sciaguattandoli e strisciandovi sopra l’indice della destra steso per levarvi bene l’unto...
Quand’ebbe tirato su l’ultimo piatto, lo sguattero esclamò immergendo la mano nella caldaia:
- Che brodo! Si taglia col coltello!...
- Benone! - disse il cuoco comparendo sull’uscio della cucina. - Gli è come deve essere per la minestra d’oggi. -
Lo sguattero sgranò tanto d’occhi, proprio come feci io lassù sul mio osservatorio.
- Come! La minestra d’oggi?
- Sicuro! - spiegò il cuoco, accostandosi al caldaione. - Questo è il brodo per la minestra di magro alla casalinga del venerdì che piace tanto a tutte queste carogne di ragazzi. Capirai! Qui ci son tutti i sapori...
- Sfido io! Ci ho rigovernato i piatti di due giorni di seguito...
- E prima che tu venissi tu c’erano stati rigovernati i piatti d’altri due giorni... Insomma, per tu’ regola, in questa caldaia si comincia a rigovernar la domenica e si dura fino al giovedì, sempre nella medesima acqua; e capirai bene che quando si arriva al venerdì l’acqua non è più acqua, ma è un brodo da leccarsi i baffi...
- Vo’ direte bene, - disse lo sguattero sputando - ma io i baffi non me li voglio leccare un accidente...
- Grullaccio! - ribatté il cuoco. - Ti par’egli che noi si mangi di questa roba? Il personale di cucina mangia la minestra speciale che si fa per il direttore e per la direttrice...
- Ah! - fece lo sguattero, tirando un gran respiro di sollievo.
- Ora, via: portiamo la caldaia sul fuoco, che c’è già il pane bell’e affettato e il soffritto è pronto. E tu impara il mestiere, e mosca! Il personale di cucina, questo te l’ho già spiegato, non deve mai far parola con nessuno al mondo di quel che si fa intorno ai fornelli. Hai capito? -
E, uno da una parte uno dall’altra, afferrarono la caldaia e l’alzarono di peso; ma allo sguattero nel chinarsi cadde nella caldaia il berrettaccio tutt’unto che aveva in testa, ed egli fermatosi dette in una grande risata e ritiratolo su strizzandovelo dentro esclamò:
- Gua’! Ora gli è anche più saporito di prima! -
A questo punto non ne potetti più dallo schifo e dall’ira: e cavatomi la scarpa rimastomi in piedi la tirai giù con forza nella caldaia urlando.
- Porci! allora metteteci anche questa!... -
Il cuoco e lo sguattero si voltarono in su, come due spiritati, e mi par di vedere anche ora quei quattro occhi dilatati, fissi su me in una comica espressione di maraviglia e di sgomento.
Io intanto seguitavo a lanciar loro tutti i titoli che si meritavano, finché essi, riavutisi finalmente dallo sbalordimento, si precipitarono dentro la cucina".



Mi auguro di tutto cuore che chi è arrivato a leggere sino a qui ritenga di avere di fronte a sè due sole strade: a) andarselo a comperare; b) cercarlo fra i libri di casa.

Commenti culinari di euge:
1 - l'apoteosi degli avanzi
andiamo un attimo al di là della finzione letteraria: c'è comunque qualcosa di vero in tutto questo!
Scrivendo queste righe il Bertelli, persona sicuramente di grande cultura, perchè bibliofilo appassionato, non può non avere pensato a tutta la cultura culinaria toscana, e non solo. Siamo nel 1907, non c'è ancora la Grande Guerra ma certo l'Italia, anche cittadina, non è ricca, e conserva alcune tradizioni culinarie, cioè quelle meravigliose ricette "di risulta", fatte con gli avanzi, che fra l'altro cuciniamo ancora adesso.

volete alcuni esempi:
- la ribollita è la prima cosa che mi è venuta in mente ascoltando la descrizione di Vamba. Nella ricetta che ho io, che ovviamente non è il Verbo!, fai un soffritto con la cipolla e ci metti le verdure - principe è il cavolo nero - e cuoci, e poi la appoggi sul pane raffermo, di quattro giorni, e la lasci lì, e il giorno dopo la RIbolli;

- mi piace citare Fabio Picchi, cuoco che apprezzo parecchio anche se non sono ancora andato a mangiare al Cibreo di Firenze (che Vamba avrebbe apprezzato...):
"......nel vivere con gli altri vi è un momento in cui, nello sparecchiare insieme e nel riordino della cucina, ripongo gli avanzi del mio cucinato. Qualcosa finisce in una tazza, qualcos'altro in un piatto coperto da una scodella e qualcos'altro ancora  dentro un pentolino già pronto così per un successivo riscaldamento.
La cucina si trasforma in quel momento nella mia macchina del tempo. Sospeso fra ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà, ho, in quell'istante il senso di una completezza, piena di parole altrui, di piacevoli chiacchere, di ragionamenti, di racconti e di affettività, dove, come in un previsto e rituale intercalare, arriva puntuale, tra un discorso e l'altro il "Ma come era buona questa frittata!......".
Anche Fabio Picchi apprezza e utilizza gli avanzi, quindi

- Olindo Guerrini, di tredici anni più vecchio di Bertelli e per questo verisimilmente a lui noto, altro grande bibliofilo, e a suo modo emulo di Gianburrasca perchè espulso a 14 anni da un collegio religioso, ha scritto, ma i miei lettori già lo sanno  [21.12.2010, Charlotte di mele], l'arte di cucinare con gli avanzi.......

La sporcaccionata del cuoco del collegio di Gianburrasca ha quindi una sua lunghissima storia, legata anche a quando non si doveva proprio buttare via niente.
Fra l'altro l'unica cosa che avrebbe veramente reso assolutamente immangiabile e "tossica" quella minestra è proprio quello che non c'era, il sapone liquido che usiamo oggi!

2 - Mafia in cucina
o meglio, omertà in cucina. Qualche cucina l'ho frequentata anche io e le mie idee me le sono fatte, e io stesso in qualche rarissima occasione ho dovuto arrangiarmi come potevo.
Quindi non c'è nulla di più vero quando il cuoco insegna allo sguattero "E tu impara il mestiere, e mosca! Il personale di cucina, questo te l’ho già spiegato, non deve mai far parola con nessuno al mondo di quel che si fa intorno ai fornelli. Hai capito".
Ma questa non è una critica, ci mancherebbe, solo che chi non sta in cucina certe volte non si rende conto in che condizioni, di tempo e psicologiche, si deve lavorare, anche se sei da solo, nella tua cucina, e gli amici sono di là che aspettano, ansiosi, quello che gli porterai.
Buona notte!

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