Il sabato è un giorno più rilassato, puoi pensare alle cose da fare con più distacco, e fra queste c'è anche il cucinare, che non diventa la solita corsa contro il tempo.
Motivo per cui, oltre a riflettere alle ricette già promesse, mi è balzata agli occhi l'immagine di un risottino che avrei potuto tranquillamente produrre, senza bisogno di tante ricerche, sia sullo stampato sia sull'informatico.
Un paio di etti di salsiccia sgranata sono finiti in un padellino, a rosolare e a cedere un po' di grasso, dopodichè un mezzo bicchiere di vino bianco li ha portati a cottura.
Ho deciso che con la salsiccia ci sarebbe stata bene la trevigiana tardiva, un cespo. Una cipolla di Montoro, come al solito soffritta a parte. Il Vialone nano che mi era rimasto in casa l'ho finito. Non dico il peso perchè ho vergogna.
La trevigiana l'ho tagliata trasversalmente in tre parti, perché sono, dal basso verso l'alto, di durezza diversa. Per cui saltarle in padella con un filo d'olio tutte e tre insieme mi è parso poco furbo. Ecco come ho tagliato la trevigiana e i relativi tempi di cottura:
Naturalmente il tempo totale, cioè quello della parte più dura, che viene messa in padella subito, è solo di cinque minuti.
Ed ecco come mi è venuta:
A questo punto ho potuto incomiciare la cottura, al solito modo che non sto a ripetere, del risotto.
Nota bene: avevo in freezer un certo contenitore con un litro e mezzo circa di buon brodo, ma non ricordo più di cosa..... sbattendolo nel microonde a scongelare la parte grassa affiora molto agevolmente e levarla è stato del tutto semplice. Levi grasso ma non sapore.
E allora il mio risottino è andato, con la salsiccia buttata dentro a metà cottura e la trevigiana a due minuti dalla fine. Un po' di burro per mantecare. Due minuti di attesa, quelli che ti servono per apparecchiare.
Dato che l'imperativo del risotto era: "sgrassare", ci ho bevuto sopra un po' di bollicine, Berlucchi Franciacorta '61, rosè, regalo di chi mi vuole bene.
Voto della famiglia (richiesto ma non indotto): 9/10 e 9/10. Tanto mi può bastare.
Un blog fatto a uso e consumo degli amici, vecchi e nuovi, per trascinarli in questa grande passione, e perché "invitare qualcuno a mangiare da te significa incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che sta sotto il tuo tetto", e anche perché "cucinare per le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo pensando ai loro gusti, alla loro crescita e al loro benessere".
Andiamo a incominciare
Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
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