La Lady che abita nella mia stessa casa è maggiormente consapevole di me della necessità di una qualche disintossicazione corporale, che faccia seguito non solo ai bagordi natalizi ma anche all'inevitabile strascico di dolciumi, cioccolaterie varie e pasticceria di alta classe che li accompagna e li peggiora.
Ecco che stasera mi fa trovare questo notevole, dimostrando, se ve n'era bisogno, che non cucina niente male, solo che non riesce a divertirsi quanto me. Ma bando alle ciance, eccolo, lo splendido.
Ci vorranno quattro patate grosse e un cardo grosso.
Sul cardo c'è tanto da dire, perchè è una cosa buona e interessante: andate a dar un'occhiatina a questo sito, che ha anche un nome molto accattivante, alimentipedia.it
Il cardo grosso era in terrazzo, aspettava il momento favorevole ed è stato molto soddisfatto anche lui. Le patate sono state bollite e poi schiacciate, il cardo mondato, cotto al vapore e frullato col minipimer.
E' finito tutto nella boulle e sono stati aggiunti: uno spicchio d'aglio tritato, un sacco di maggiorana fresca appena tritata, tre uova intere, tre cucchiai di parmigiano, un etto di mortadella tritata (lo sapevate che la mortadella è disintossicante?).
Il miracolo è stato l'amalgama, "giusto" alla prima, di tutti gli ingredienti.
E' bastato metterlo nella teglia, unta con un filo d'olio, e spolverarlo con il pane grattuggiato, perchè finisse la sua storia dentro il forno, caldo a 180 °C, per 30-40 minuti, magari verso la fine anche con una botta di grill.
Come mi sono disintossicato bene!!!
Nota bene: ritengo che questo sia, a meno di strani accadimenti, l'ultimo post del 2011.
Ne ho scritti, se ho ben fatto il conto, 168, quasi uno ogni due giorni.
Spero di non avervi annoiato e spero che le mie parole abbiano fatto non solo risvegliare l'appetito ma anche fatto un po' sorridere. E' questo il premio a cui ambisco di più.
Buon 2012 a tutti, con nuove ricette e nuove avventure........
l'orsacchiotto cuciniere
Un blog fatto a uso e consumo degli amici, vecchi e nuovi, per trascinarli in questa grande passione, e perché "invitare qualcuno a mangiare da te significa incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che sta sotto il tuo tetto", e anche perché "cucinare per le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo pensando ai loro gusti, alla loro crescita e al loro benessere".
Andiamo a incominciare
Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
giovedì 29 dicembre 2011
lunedì 26 dicembre 2011
Ricette per le feste - i ravioli di pesce, storia di un'avventura
Che sarebbe più giusto chiamarle, invece che ricette PER le feste, vista la poco celerità con cui sono state pubblicate, ricette NELLE feste, o almeno ricette DELLE feste.
Ma vi auguro a tutti e a tutte di farvi ancora qualche bel pranzetto, da qui alla Befana.
Diciamo che questo è stato il piatto "clou" delle feste, quello per il quale mi sono più impegnato, e da cui mi aspettavo il maggiore riconoscimento.
E' stato un "viaggio" culinario impegnativo, costellato di difficoltà, per il quale l'errore maggiore è stato non valutare bene la tempistica, con il risultato che tutto il pomeriggio o quasi se ne è andato per lui. Ma sono contento così, perchè ritengo che in cucina solo "facendo" si imparano a fare le cose meglio. Il problema è che io mi stufo rapidamente, per cui solo di rado ripeto i piatti, e non perchè pensi di farli benissimo già alla prima: è che sono proprio così, e mi devo tenere così come sono, perchè sono consapevole di poter solo peggiorare (non come chef cuisinier, naturalmente).
I ravioli di pesce li avevo mangiati in un lontano passato, in brodo (di pesce), lo ricordo bene, così come ricordo dove e con chi: ma queste sono altre storie.
Di recente, chiaccherando con Barbara, mi sono fatto dire come li fa lei, e sono rimasto stupito dall' (apparente) semplicità della ricetta: tre cose nel ripieno, i gamberi, un pesce tipo san pietro piuttosto che la pescatrice e l'imprescindibile borragine.Tutte rigorosamente crude (i pesci, non la borragine!)
E cosa ci vorrà mai, mi sono imprudentemente detto fra me e me, del resto un giro di ravioli li ho già fatti, e allora ho deciso, con grande baldanza.
Dopo la mia decisione, immodificabile, mi è stato detto che i coperti per quella cena erano quindici: ma avevo deciso, si sarebbe trattato solo di aumentare le dosi, niente di complicato.
Poi dato che ho parlato di ravioli di pesce anche con il mio attuale Chef, che mi ha mandato sulla mail una ricettina che farò quanto prima, ho persino deciso che avrei fatti ravioli bicolori, con metà impasto colorato col nero di seppia. Più che altro mi è venuto striato di nero, grigiastro, una cosa orribile. Il fatto è che non avevo capito bene quando avrei dovuto mettere questo nero: adesso credo di averlo capito: nelle uova. Ma devi fare evidentemente due impasti (e i tempi raddoppiano).
I ravioli di pesce l'ho conditi con il sugo di triglie (vedi qui), che anche lui ha voluto il suo giusto tempo.
Infine per il ripieno ho usato una marea di gamberetti: infatti, ragionandoci giustamente mi ero detto, che bisogno c'è di gamberi grossi per il ripieno? Tanto non si vedono! Però li devi pulire, ed erano veramente tanti, e la mia improvvisata brigata ha sofferto parecchio......
Alla fine ci siamo riusciti, e si è trattato soltanto di confezionare i ravioli, questa volta fatti con la sfogliatrice fino al numero 9, sottile come un foglio di carta, quasi. Ma non sono stato accorto con la farina, anzi l'ansia dell'orologio implacabile mi ha ottenebrato quei due o tre neuroni, per cui, invece di infarinare la sfoglia infarinavo, sistematicamente e testardamente, la raviolatrice. E' stato terribile, c'erano ravioli che non volevano separarsi fra di loro o dalla raviolatrice manco fossero sposati, un esperienza da piangerci sopra. E non era ancora finita: infatti poi quei circa duecento che sono riuscito a salvare interi li ho dovuti per soprammercato portare fuori di casa.
Il risultato è stato necessariamente quello di avere dei ravioli "affogati" nella farina, per non parlare di quella ventina che ho dovuto confezionare a parte senza gamberi ma con le vongoline, per chi è intollerante ai crostacei.
Una serie di imprevisti che, adesso che li racconto, sono abbastanza umoristici, ma che sul momento mi hanno parecchio stressato.
Eccolo qui, il mio faticato piatto di ravioli di pesce al sugo di triglie, buonissimi e plauditissimi, per carità, ma grondanti farina e sudore.........
Ma vi auguro a tutti e a tutte di farvi ancora qualche bel pranzetto, da qui alla Befana.
Diciamo che questo è stato il piatto "clou" delle feste, quello per il quale mi sono più impegnato, e da cui mi aspettavo il maggiore riconoscimento.
E' stato un "viaggio" culinario impegnativo, costellato di difficoltà, per il quale l'errore maggiore è stato non valutare bene la tempistica, con il risultato che tutto il pomeriggio o quasi se ne è andato per lui. Ma sono contento così, perchè ritengo che in cucina solo "facendo" si imparano a fare le cose meglio. Il problema è che io mi stufo rapidamente, per cui solo di rado ripeto i piatti, e non perchè pensi di farli benissimo già alla prima: è che sono proprio così, e mi devo tenere così come sono, perchè sono consapevole di poter solo peggiorare (non come chef cuisinier, naturalmente).
I ravioli di pesce li avevo mangiati in un lontano passato, in brodo (di pesce), lo ricordo bene, così come ricordo dove e con chi: ma queste sono altre storie.
Di recente, chiaccherando con Barbara, mi sono fatto dire come li fa lei, e sono rimasto stupito dall' (apparente) semplicità della ricetta: tre cose nel ripieno, i gamberi, un pesce tipo san pietro piuttosto che la pescatrice e l'imprescindibile borragine.Tutte rigorosamente crude (i pesci, non la borragine!)
E cosa ci vorrà mai, mi sono imprudentemente detto fra me e me, del resto un giro di ravioli li ho già fatti, e allora ho deciso, con grande baldanza.
Dopo la mia decisione, immodificabile, mi è stato detto che i coperti per quella cena erano quindici: ma avevo deciso, si sarebbe trattato solo di aumentare le dosi, niente di complicato.
Poi dato che ho parlato di ravioli di pesce anche con il mio attuale Chef, che mi ha mandato sulla mail una ricettina che farò quanto prima, ho persino deciso che avrei fatti ravioli bicolori, con metà impasto colorato col nero di seppia. Più che altro mi è venuto striato di nero, grigiastro, una cosa orribile. Il fatto è che non avevo capito bene quando avrei dovuto mettere questo nero: adesso credo di averlo capito: nelle uova. Ma devi fare evidentemente due impasti (e i tempi raddoppiano).
I ravioli di pesce l'ho conditi con il sugo di triglie (vedi qui), che anche lui ha voluto il suo giusto tempo.
Infine per il ripieno ho usato una marea di gamberetti: infatti, ragionandoci giustamente mi ero detto, che bisogno c'è di gamberi grossi per il ripieno? Tanto non si vedono! Però li devi pulire, ed erano veramente tanti, e la mia improvvisata brigata ha sofferto parecchio......
Alla fine ci siamo riusciti, e si è trattato soltanto di confezionare i ravioli, questa volta fatti con la sfogliatrice fino al numero 9, sottile come un foglio di carta, quasi. Ma non sono stato accorto con la farina, anzi l'ansia dell'orologio implacabile mi ha ottenebrato quei due o tre neuroni, per cui, invece di infarinare la sfoglia infarinavo, sistematicamente e testardamente, la raviolatrice. E' stato terribile, c'erano ravioli che non volevano separarsi fra di loro o dalla raviolatrice manco fossero sposati, un esperienza da piangerci sopra. E non era ancora finita: infatti poi quei circa duecento che sono riuscito a salvare interi li ho dovuti per soprammercato portare fuori di casa.
Il risultato è stato necessariamente quello di avere dei ravioli "affogati" nella farina, per non parlare di quella ventina che ho dovuto confezionare a parte senza gamberi ma con le vongoline, per chi è intollerante ai crostacei.
Una serie di imprevisti che, adesso che li racconto, sono abbastanza umoristici, ma che sul momento mi hanno parecchio stressato.
Eccolo qui, il mio faticato piatto di ravioli di pesce al sugo di triglie, buonissimi e plauditissimi, per carità, ma grondanti farina e sudore.........
bisognerà ben rimettercisi con santa pazienza.... ma, lo so, la prossima volta verranno perfetti!
Ricette per le feste - arrostino all'acciuga
Questo è il secondo piatto che ho fatto ieri, sempre una ricetta di Barbara.
Avevo questo arrosto surgelato da tempo e aspettavo l'occasione e la ricetta per cucinarlo.
E' una ricetta un po' diversa dal "solito" arrosto e il sapore è un po' "diverso", ma non è per niente male. Provare per credere, magari con un arrostino più piccolo, magari un arrostino di tacchino, ognuno ha le sue preferenze.
Del resto è uno di quegli interessanti modi di mangiare insieme la carne e il pesce, che tanto mi intrigano.
Si tratterà di legare l'arrosto (un arrostino da circa sei etti per quattro persone) e di infarinarlo leggermente, per aiutarlo a rosolare bene, con qualche cucchiaio di olio e uno spicchio di aglio schiacciato.
Lo rosoli in idoneo contenitore che poi metterai in forno.
Intanto ti triti una cipolla, cinque filetti di acciuga (sott'olio, ma se hai tempo usa quelle sotto sale!) e una bella manciata di prezzemolo, fini fini.
Quando l'arrosto è rosolato bene metti metà del trito nella pirofila e metà lo spalmi sopra l'arrosto. Irrora il tutto con una miscela composta di 125 cc di vino bianco, 125 cc di acqua calda e 30 cc di aceto bianco.
In cima ci metterai qualche pezzetto di burro.
Dato che la tua pirofila non ha il coperchio, almeno la mia non ce l'ha ;-) coprirai tutto con la carta alluminio e lo sbatti in forno già caldo a 200 °C per un'ora e mezzo circa, gli ultimi dieci minuti senza l'alluminio.
Quando è cotto lo affetti a fette normali, non meno di 5 millimetri, e lo ricopri con la sua salsa. Se questa, per un motivo a te sconosciuto, dovesse essere troppo liquida, la addensi in un batter d'occhi con la benedetta maizena.
Questo è il mio vassoio:
Avevo questo arrosto surgelato da tempo e aspettavo l'occasione e la ricetta per cucinarlo.
E' una ricetta un po' diversa dal "solito" arrosto e il sapore è un po' "diverso", ma non è per niente male. Provare per credere, magari con un arrostino più piccolo, magari un arrostino di tacchino, ognuno ha le sue preferenze.
Del resto è uno di quegli interessanti modi di mangiare insieme la carne e il pesce, che tanto mi intrigano.
Si tratterà di legare l'arrosto (un arrostino da circa sei etti per quattro persone) e di infarinarlo leggermente, per aiutarlo a rosolare bene, con qualche cucchiaio di olio e uno spicchio di aglio schiacciato.
Lo rosoli in idoneo contenitore che poi metterai in forno.
Intanto ti triti una cipolla, cinque filetti di acciuga (sott'olio, ma se hai tempo usa quelle sotto sale!) e una bella manciata di prezzemolo, fini fini.
Quando l'arrosto è rosolato bene metti metà del trito nella pirofila e metà lo spalmi sopra l'arrosto. Irrora il tutto con una miscela composta di 125 cc di vino bianco, 125 cc di acqua calda e 30 cc di aceto bianco.
In cima ci metterai qualche pezzetto di burro.
Dato che la tua pirofila non ha il coperchio, almeno la mia non ce l'ha ;-) coprirai tutto con la carta alluminio e lo sbatti in forno già caldo a 200 °C per un'ora e mezzo circa, gli ultimi dieci minuti senza l'alluminio.
Quando è cotto lo affetti a fette normali, non meno di 5 millimetri, e lo ricopri con la sua salsa. Se questa, per un motivo a te sconosciuto, dovesse essere troppo liquida, la addensi in un batter d'occhi con la benedetta maizena.
Questo è il mio vassoio:
sabato 24 dicembre 2011
Ricette per le feste - porri, patate e capesante
Anche questa ricetta di Barbara è buonissima, io l'ho trovata splendida e facile, cosa che non guasta: del resto non avevo mai cucinato le capesante ed ero molto curioso.
Ci vogliono, sempre per quattro, sedici capesante (lo so, non è proprio il momento questo, bisogna fare un leasing), quattro etti di porri, una patata media, venti grammi di burro, un po' di erba cipollina, un'arancia, sale e pepe.
Affetti i porri e tagli le patate alla boulanger, che vorrebbe dire a fette di 3-4millimetri.
Li sbatti in padella col burro che hai già fuso, sali e stufi per qualche minuto. Indi aggiungi un po' di acqua, per portarli a cottura, che ci vorrà quel quarto d'ora. E ci metti la ciboulette tagliata con la forbice.
Intanto che cuociono ti pulirai le capesante, eliminando il corallo (non lo buttare, per carità, fattici il giorno dopo un sughetto per la pasta!) e tagli le noci in due o, a tuo piacere, a fettine.
Ti spremi l'arancia e fai la scorza a julienne.
Dato che per pulire le capesante non avrai impiegato più di dieci minuti te ne restano cinque per saltare nel burro residuo le capesante, unirvi il succo d'arancia e le scorze, e avrai il tempo di farli ridurre.
Hai finito, ti resta solo da impiattare
Ci vogliono, sempre per quattro, sedici capesante (lo so, non è proprio il momento questo, bisogna fare un leasing), quattro etti di porri, una patata media, venti grammi di burro, un po' di erba cipollina, un'arancia, sale e pepe.
Affetti i porri e tagli le patate alla boulanger, che vorrebbe dire a fette di 3-4millimetri.
Li sbatti in padella col burro che hai già fuso, sali e stufi per qualche minuto. Indi aggiungi un po' di acqua, per portarli a cottura, che ci vorrà quel quarto d'ora. E ci metti la ciboulette tagliata con la forbice.
Intanto che cuociono ti pulirai le capesante, eliminando il corallo (non lo buttare, per carità, fattici il giorno dopo un sughetto per la pasta!) e tagli le noci in due o, a tuo piacere, a fettine.
Ti spremi l'arancia e fai la scorza a julienne.
Dato che per pulire le capesante non avrai impiegato più di dieci minuti te ne restano cinque per saltare nel burro residuo le capesante, unirvi il succo d'arancia e le scorze, e avrai il tempo di farli ridurre.
Hai finito, ti resta solo da impiattare
Ricette per le feste - Gamberi all'arancia
Prima delle due ricette che pubblico della mia Maestra e amica Barbara, che ringrazio perchè quest'anno mi ha "aggiustato per le feste", per cui è più che doveroso citarla.
A seconda di quanti ne darai a ciascun commensale questa ricetta ti servirà come entrèe, come secondo e anche come intermezzo fra due piatti più gravosi, come risparmio e preparazione per lo stomaco.
Per quattro persone ci vorranno otto etti di gamberi (se servito come secondo).
Li dovrai bollire: e qui incomincia il difficile. Il bello sarebbe poter avere la sonda dentro il gambero, ma non si riesce. Considera che a 55 °C il gambero è cotto. Quindi, dato che l'acqua bolle a 100 °C non si parlerà di minuti ma di secondi. Variabili in gioco: dimensioni dei gamberi (i gamberetti fanno ovviamente prima) e abbassamento della temperatura dell'acqua legato alla quantità di gamberi che ci si butta dentro. Per cui io li ho cotti a mestolate, che poi ho tirato su col ragno, meno di un minuto.
Se proprio hai da perdere del tempo (oh, fortunato umano!) potresti farti il court-bouillon, che sicuramente male non gli farà: quindi ecco la preparazione di Pellaprat.
Due litri e mezzo di vino bianco secco e pari quantità di acqua, 50 grammi di sale, cinque scalogni tritati, 4 etti di cipolle e 4 di carote, tritati, 75 grammi di gambi di prezzemolo, un mazzetto di timo, una foglia di alloro. Mezzora di cottura, a 20 minuti aggiungi 15 grammi di pepe in grani. Semplice, no?
Ritorniamo ai nostri gamberi, che saranno pronti belli cotti. Dovrai metterli un'ora in una marinata così composta: il succo di un'arancia e quello di mezzo limone, uno spicchio d'aglio schiacciato, prezzemolo tritato, curry in quantità a piacere, due cucchiai di olio evo, sale e pepe.
Nell'ora che aspetti, oltre alle tante altre cose che ti si pareranno davanti avrai anche il tempo di sbucciarti la scorza di un'arancia a julienne, che metterai nei piatti di portata assieme a un ultimo filo d'olio.
Semplice, no?
A seconda di quanti ne darai a ciascun commensale questa ricetta ti servirà come entrèe, come secondo e anche come intermezzo fra due piatti più gravosi, come risparmio e preparazione per lo stomaco.
Per quattro persone ci vorranno otto etti di gamberi (se servito come secondo).
Li dovrai bollire: e qui incomincia il difficile. Il bello sarebbe poter avere la sonda dentro il gambero, ma non si riesce. Considera che a 55 °C il gambero è cotto. Quindi, dato che l'acqua bolle a 100 °C non si parlerà di minuti ma di secondi. Variabili in gioco: dimensioni dei gamberi (i gamberetti fanno ovviamente prima) e abbassamento della temperatura dell'acqua legato alla quantità di gamberi che ci si butta dentro. Per cui io li ho cotti a mestolate, che poi ho tirato su col ragno, meno di un minuto.
Se proprio hai da perdere del tempo (oh, fortunato umano!) potresti farti il court-bouillon, che sicuramente male non gli farà: quindi ecco la preparazione di Pellaprat.
Due litri e mezzo di vino bianco secco e pari quantità di acqua, 50 grammi di sale, cinque scalogni tritati, 4 etti di cipolle e 4 di carote, tritati, 75 grammi di gambi di prezzemolo, un mazzetto di timo, una foglia di alloro. Mezzora di cottura, a 20 minuti aggiungi 15 grammi di pepe in grani. Semplice, no?
Ritorniamo ai nostri gamberi, che saranno pronti belli cotti. Dovrai metterli un'ora in una marinata così composta: il succo di un'arancia e quello di mezzo limone, uno spicchio d'aglio schiacciato, prezzemolo tritato, curry in quantità a piacere, due cucchiai di olio evo, sale e pepe.
Nell'ora che aspetti, oltre alle tante altre cose che ti si pareranno davanti avrai anche il tempo di sbucciarti la scorza di un'arancia a julienne, che metterai nei piatti di portata assieme a un ultimo filo d'olio.
Semplice, no?
sabato 17 dicembre 2011
Prove per le feste 1 - Ravioli
I ravioli non li ho mai fatti e quindi erano una sfida.....
Ho deciso che a Natale farò i ravioli di pesce così come me li ha consigliati Barbara, che poi vi racconto la ricetta.
Oggi invece era una "prova", dovevo ben capire come funzionava il tutto, motivo per cui ho lavorato dalle undici all'una.
La pasta l'ho fatta con due uova intere e un quarto di chilo di farina, come da ricetta Kenwood, un pizzico di sale anche. Bisognerebbe farla riposare, ma il tempo stringe e la curiosità è tanta. Motivo per cui, prima di tirare la ormai mitica lasagna, la faccio sì riposare, ma solo per il tempo che mi servirà per fare il ripieno.
Sul ripieno si possono fare i più lunghi e stucchevoli discorsi, che non starò a fare. Basti pensare che ho trovato una ricetta su un vecchio cuciniere genovese con una quantità impressionante di ingredienti, tutto a scapito della digeribilità, dico io.
Motivo per cui, dato che la prova era"il raviolo" e non "il ripieno", mi sono organizzato così: due etti e mezzo di sottofiletto di bovino adulto tritato davanti a me in macelleria, definitiva morte della mia piantina di timo, a cui ho sforbiciato gli ultimi rami, due uova, parmigiano reggiano grattuggiato di Monchio. La carne, non fidandomi troppo, l'ho rosolata con un filo di olio e poi un cucchiaino di farina. Mescolare tutto. No buono, troppo a pezzetti: allora gli ho dato una frullata. No buono ancora, troppo "liquido": due cucchiaini di pane grattato, oltre all'ovvio sale, mi hanno portato la consistenza a un livello non dico giusto ma comunque sufficiente per fare quelle beate palline.
ed ecco la raviolatrice!
ho anche imparato che se non la infarini i ravioli non li stacchi più....
In un modo o nell'altro i ravioli, con un po' di supporto familiare, sono riuscito a farmeli.
Bellini! mi sono detto a questo punto, in un impeto di toscanità, e già pre-gustavo....
Dato che non c'era proprio il tempo per il sugo ho optato per un classico, almeno per me, "burro e salvia"
che ha cotto esattamente quanto questi
e, alla fine, il risultato, di grande soddisfazione per tutta la famiglia è stato il coronamento dell'impegno profuso.
Ho deciso che a Natale farò i ravioli di pesce così come me li ha consigliati Barbara, che poi vi racconto la ricetta.
Oggi invece era una "prova", dovevo ben capire come funzionava il tutto, motivo per cui ho lavorato dalle undici all'una.
La pasta l'ho fatta con due uova intere e un quarto di chilo di farina, come da ricetta Kenwood, un pizzico di sale anche. Bisognerebbe farla riposare, ma il tempo stringe e la curiosità è tanta. Motivo per cui, prima di tirare la ormai mitica lasagna, la faccio sì riposare, ma solo per il tempo che mi servirà per fare il ripieno.
Sul ripieno si possono fare i più lunghi e stucchevoli discorsi, che non starò a fare. Basti pensare che ho trovato una ricetta su un vecchio cuciniere genovese con una quantità impressionante di ingredienti, tutto a scapito della digeribilità, dico io.
Motivo per cui, dato che la prova era"il raviolo" e non "il ripieno", mi sono organizzato così: due etti e mezzo di sottofiletto di bovino adulto tritato davanti a me in macelleria, definitiva morte della mia piantina di timo, a cui ho sforbiciato gli ultimi rami, due uova, parmigiano reggiano grattuggiato di Monchio. La carne, non fidandomi troppo, l'ho rosolata con un filo di olio e poi un cucchiaino di farina. Mescolare tutto. No buono, troppo a pezzetti: allora gli ho dato una frullata. No buono ancora, troppo "liquido": due cucchiaini di pane grattato, oltre all'ovvio sale, mi hanno portato la consistenza a un livello non dico giusto ma comunque sufficiente per fare quelle beate palline.
ed ecco la raviolatrice!
ho anche imparato che se non la infarini i ravioli non li stacchi più....
In un modo o nell'altro i ravioli, con un po' di supporto familiare, sono riuscito a farmeli.
Bellini! mi sono detto a questo punto, in un impeto di toscanità, e già pre-gustavo....
Dato che non c'era proprio il tempo per il sugo ho optato per un classico, almeno per me, "burro e salvia"
che ha cotto esattamente quanto questi
e, alla fine, il risultato, di grande soddisfazione per tutta la famiglia è stato il coronamento dell'impegno profuso.
domenica 11 dicembre 2011
Orecchiette con le cime di rapa
Come promesso oggi scrivo questa ricetta, che ho fatto ieri.
Diamo per imparate le orecchiette e consideriamo che forse la fretta ci imporrà di comperarci quelle già fatte, ma, mi raccomando, almeno che non siano secche. Quelle fresche marchio coop secondo me sono ben più che dignitose. So che i miei amici puglesi storceranno la bocca, perchè le orecchiette fatte con il grano duro sono veramente "un'altra cosa", ma, anche se si è nel fine settimana, è comprensibile non avere il tempo di farle. Anche perchè inpastare il grano duro è una fatica!
Le cime di rapa sono queste: cime di rapa. Non è di poco interesse il loro ciclo di coltura: infatti quelle comperate a settembre/ottobre sono le prime, sono molto tenere e hanno evidentemente dimensioni e criteri di preparazione diversi da quelle che si comperano di questa stagione. Ma io ieri le ho viste al supermercato, ultimo mazzo, e non me le sono fatte scappare.
Che cosa è che caratterizza la ricetta? sono andato un po' a leggere e mi sono convinto che non sono nè l'aglio nè il peperoncino. I miei amici pugliesi me lo potranno confermare, ma io credo che sia proprio l'acciuga salata (con il profumo del mare che si porta dentro) quel quid che dà grande personalità al piatto. L'aglio e il peperoncino potrebbero anche esere tranquillamente omessi.
Quindi adesso vado a raccontare come ho cucinato quelle di ieri. Come detto i gambi erano un po' duri, persino legnosi, ma mi dispiaceva alienarli, per cui, dopo un'accurata pulizia di ciò che sembrava morbido (foglie, infiorescenza, gambi sottili), ho tagliato il resto a pezzettini e l'ho sbollentato in acqua salata per tre minuti, ma forse erano pochi. Li ho scolati e l'acqua l'ho conservata. Sono finiti nella saltiera insieme all'olio (evo pugliese, naturalmente), due spicchi d'aglio e mezzo peperoncino e tutte le acciughe sotto sale che ho trovato in casa.
Ho cercato di farli saltare bene,per renderli croccanti.
Nell'acqua giallina, dopo aver ripreso il bollo sono finite le orecchiette, che avevano tempo di cottura dichiarato di 9 minuti. Le parti più tenere delle cime di rapa si sono accoppiate con loro dopo cinque minuti.
(Naturalmente tutti questi movimenti non si faranno se sei di settembre e le tue cime di rapa sono tenerissime: allora dovrai solo mondarle e sbatterle direttamente nella pentola con l'acqua fredda, e quando bollirà butti le orecchiette)
Dopo un prudente assaggio ho scolato tutto e ho saltato in padella tutto insieme, con l'aggiunta di due cucchiai di olio.
Certo che sopra ci andrebbe un formaggio pugliese, secondo me il cacioricotta (cacioricotta) sarebbe perfetto ma non ce l'avevo..... e mi sono grattugiato un po' di quella ricottina salata proveniente da Palermo che avevo ben nascosta in frigo....
Diamo per imparate le orecchiette e consideriamo che forse la fretta ci imporrà di comperarci quelle già fatte, ma, mi raccomando, almeno che non siano secche. Quelle fresche marchio coop secondo me sono ben più che dignitose. So che i miei amici puglesi storceranno la bocca, perchè le orecchiette fatte con il grano duro sono veramente "un'altra cosa", ma, anche se si è nel fine settimana, è comprensibile non avere il tempo di farle. Anche perchè inpastare il grano duro è una fatica!
Le cime di rapa sono queste: cime di rapa. Non è di poco interesse il loro ciclo di coltura: infatti quelle comperate a settembre/ottobre sono le prime, sono molto tenere e hanno evidentemente dimensioni e criteri di preparazione diversi da quelle che si comperano di questa stagione. Ma io ieri le ho viste al supermercato, ultimo mazzo, e non me le sono fatte scappare.
Che cosa è che caratterizza la ricetta? sono andato un po' a leggere e mi sono convinto che non sono nè l'aglio nè il peperoncino. I miei amici pugliesi me lo potranno confermare, ma io credo che sia proprio l'acciuga salata (con il profumo del mare che si porta dentro) quel quid che dà grande personalità al piatto. L'aglio e il peperoncino potrebbero anche esere tranquillamente omessi.
Quindi adesso vado a raccontare come ho cucinato quelle di ieri. Come detto i gambi erano un po' duri, persino legnosi, ma mi dispiaceva alienarli, per cui, dopo un'accurata pulizia di ciò che sembrava morbido (foglie, infiorescenza, gambi sottili), ho tagliato il resto a pezzettini e l'ho sbollentato in acqua salata per tre minuti, ma forse erano pochi. Li ho scolati e l'acqua l'ho conservata. Sono finiti nella saltiera insieme all'olio (evo pugliese, naturalmente), due spicchi d'aglio e mezzo peperoncino e tutte le acciughe sotto sale che ho trovato in casa.
Ho cercato di farli saltare bene,per renderli croccanti.
Nell'acqua giallina, dopo aver ripreso il bollo sono finite le orecchiette, che avevano tempo di cottura dichiarato di 9 minuti. Le parti più tenere delle cime di rapa si sono accoppiate con loro dopo cinque minuti.
(Naturalmente tutti questi movimenti non si faranno se sei di settembre e le tue cime di rapa sono tenerissime: allora dovrai solo mondarle e sbatterle direttamente nella pentola con l'acqua fredda, e quando bollirà butti le orecchiette)
Dopo un prudente assaggio ho scolato tutto e ho saltato in padella tutto insieme, con l'aggiunta di due cucchiai di olio.
Certo che sopra ci andrebbe un formaggio pugliese, secondo me il cacioricotta (cacioricotta) sarebbe perfetto ma non ce l'avevo..... e mi sono grattugiato un po' di quella ricottina salata proveniente da Palermo che avevo ben nascosta in frigo....
sabato 10 dicembre 2011
I bucatini all’amatriciana
Ieri che li ho rifatti ho realizzato che, non ostante nella
mia “storica” raccolta stampata di ricette, che qualcuno avrà, siano presente
da più di dieci anni, nel blog non sono mai finiti.
Rimedio a questa dimenticanza, che è grave perché
l’amatriciana è un sugo “importante”, anche da un punto di vista scolastico, è
buonissimo e si presta a interessanti ricerchine che qui vi descrivo.
Il sugo all’amatriciana può definirsi un “saporitissimo
equivoco della cucina romana, perché le origini sono abruzzesi”, infatti
Amatrice fino al 1927 era in provincia dell’Aquila, e fino al 1860 faceva parte del Regno delle due Sicilie.
La ricetta che io ho sempre fatto è quella di Carnacina (che
poi è Veronelli), e mi ha sempre dato grandi soddisfazioni.
Per sei persone devi andarti a cercare con pazienza un etto
e mezzo di guanciale, che taglierai a striscioline e rosolerai nella saltiera
con poco poco olio evo. Quando è ben croccante lo riservi e, nel liquido dove
ha rosolato ci butti un peperoncino e una cipolla. Già Carnacina dice che è
facoltativa. Ho parlato con romani che mi hanno detto che la cipolla
assolutamente non ci va: ma, come ho scritto poc’anzi, la ricetta non è romana.
Anche nel libro di Kenedy la cipolla non è citata.
A questo proposito io sospendo il giudizio e non consiglio
niente, ma a me la cipolla, specie la Montoro, mia ultima scoperta, piace.
Secondo me è sbagliato rosolare, per la fretta, la cipolla a ssieme al guanciale: hanno diversi tempi e modi di cottura: se il guanciale lo vuoi croccante il fuoco deve essere al massimo, se la cipolla la vuoi bionda il fuoco deve essere dolce.
Quando l’eventuale cipolla è bionda allora butterai il
pomodoro. Anche qui devo citare testualmente Carnacina, con cui sono d’accordo:
“l’amatriciana deve essere con una salsa appena colorata di pomodoro e non al
pomodoro”, quindi lui dice di usare la polpa di “qualche pomodoro”, ma Allan
Bay, per 4 persone, usa sei etti di dadolata (concassè o pezzettoni del
commercio?), Pellaprat invece solo 250 grammi. Io, anni fa, ho usato, per
necessità, un tubetto di concentrato, e non mi è andata male. Il pomodoro
necessita di essere salato e, se conservato, eventualmente zuccherato.
A seconda di quanto pomodoro metti, e anche di come lo
prepari, la tua salsa cuocerà 10 o più minuti.
Nel frattempo hai cotto al dente la pasta, rigorosamente
bucatini o al massimo perciatelli.
Quindi nella saltiera con la cipolla e il pomodoro butterai: il guanciale, la pasta, uno o due mestoli
di acqua di cottura (bah, io no), due cucchiai di olio e un mare magno di
pecorino grattugiato. Se non hai voluto mettere il peperoncino questo potrebbe
essere il momento di spolverare di pepe nero.
E godi, semplicemente
E domani le orechiette con le cime di rapa, grande cucina regionale.
venerdì 9 dicembre 2011
Marco Polo 4 -la salsa di pomodoro
Finalmente questa settimana ho fatto qualcosa in cucina, e abbiamo iniziato con la salsa di pomodoro.
Nulla di più semplice, forse scontato, penseranno i miei lettori, e non posso dar loro torto.
La salsa di pomodoro è comunque la scusa per fare un po' di ragionamenti: non sto a descrivere la salsa di pomodoro fatta a scuola, dove le materie prime sono scelte con criteri differenti da quelli usati per la spesa di casa, questo lo capisco bene; a scuola non è che si impara proprio "a cucinare", si imparano soprattutto altre cose che ti verranno parecchio bene quando dovrai, per mestiere o per diletto, cucinare per tante persone e all'interno della brigata.
Motivo per cui sarebbe semplicemente sciocco dire "non era una buona salsa di pomodoro", non aveva nessun bisogno di esserlo, bisogna essere invece grati per la possibilità che ti è stata data di lavorare in una vera cucina professionale.
Naturalmente oggi la salsa di pomodoro continuava a girare per la testa, per cui, dopo una fruttuosa visita nel frigorifero, mi ci sono messo. Ci tengo a ribadire che non faccio la gara con la scuola, cerco solo di farmi i compiti a casa, ma a modo mio.
Ho incominciato con il Pellaprat, visto che oggi mi sentivo molto chef saucier. Volutamente non considero la ricetta di Escoffier anche se entrambi sono due classici, e io volevo fare proprio la "Salsa di pomodoro classica (Sauce tomate)".
Ricordatevi bene che lo chef saucier, cioè il capopartite delle salse, era in genere il numero 2, quindi queste salse avevano un'importanza che oggi non comprendiamo appieno.
Gli ingredienti e le dosi sono ricopiati con il massimo della cura.
Ho passato con il passaverdura sette/otto etti di pomodori, tanto per incominciare, per avere circa mezzo litro di passato.
Nella saltiera, che è la padella che io uso di più e più volentieri, sono finiti, assieme al giusto olio, 50 grammi di lardo (ma io ho usato il guanciale, quello buono, che tengo in frigo gelosamente per le mie amatriciane) e, dopo qualche minutino di rosolatura, ci è volato dentro un trito composto da 50 grammi di carote, una cipolla, la parte bianca di un porro, un pezzo di sedano, un mazzetto di timo e una foglia di alloro.
Dopo la rosolatura del soffritto ho aggiunto 25 grammi di farina, in modo da assorbire tutta l'acqua e aumentare ancora un po' l'effetto della rosolatura, che è proseguita solo per ulteriori cinque minuti.
A quel punto ho aggiunto il pomodoro e tre quarti di litro di acqua, compresi quei cento cc di fondo bruno che avevo fatto a suo tempo. Sale e pepe, un po' di noce moscata (udite, udite!) e due zollette di zucchero.
Sobbollire un'ora e mezza, scoperchiato (dico io, Pellaprat non lo dice, dice piuttosto che sarebbe bello metterla nel forno).
Finita l'ora e mezza si passa nel chinois (non buttate via i resti!) e si "aggiusta" con una "noce" di burro.
La salsa resta un filo liquida (anche perchè non ci puoi buttare dentro mezzo chilo di burro!): a seconda dell'uso che interessa la puoi tranquillamente addensare con l'amido di mais, ma questa è una mia idea.
Il bello della salsa è che poi se quella che resta la metti su qualcosa d'altro che non sia la pasta (euge: cavolfiore, radicchio crudo) è buonissima lo stesso.
La lady che abita con me ha dovuto controvoglia emettere un "buonissima" che da tempo non sentivo.
Carnacina, più vicino a noi di Pellaprat, racconta una salsa al pomodoro molto simile a questa: sostituisce il lardo con il prosciutto, grasso e magro, e non usa la carota, il sedano e il porro. Ci tiene a definirla "Grande salsa di base", e ne ha ben donde.
Artusi (ricetta n. 125, da andarsi a leggere solo per l'incipit) aggiunge l'aglio e non usa il grasso animale, nè all'inizio nè alla fine.
E poi ci sono svariate altre salse di pomodoro, che però sono soltanto dei sughi.
Questa è una salsa che ha il suo pregio nella delicatezza e nella rotondità del sapore, che sono unici, credetemi.
Se poi hai fretta fai la pommarola, ma è tutta un'altra storia......
Bonne nuit
Aggiunta del giorno dopo:
stanotte, preso da un soprassalto di curiosità, ho letto anche la salsa di pomodoro di Bocuse, principe della nouvelle cuisine.
I cambiamenti rispetto a Pellaprat sono:
1 - pancetta invece che lardo;
2 - non usa il porro;
3 - mette il burro da subito;
4 - usa l'aglio (io non è che non sono d'accordo, però ritengo che l'aglio e la cipolla non stiano bene assieme);
5 - usa solo un quarto di litro di fondo bianco di vitello e, proporzionalmente, fa cuocere meno la salsa.
Mi e vi domando: sono modifiche tali da rendere "nouvelle" la salsa? Boh
Nulla di più semplice, forse scontato, penseranno i miei lettori, e non posso dar loro torto.
La salsa di pomodoro è comunque la scusa per fare un po' di ragionamenti: non sto a descrivere la salsa di pomodoro fatta a scuola, dove le materie prime sono scelte con criteri differenti da quelli usati per la spesa di casa, questo lo capisco bene; a scuola non è che si impara proprio "a cucinare", si imparano soprattutto altre cose che ti verranno parecchio bene quando dovrai, per mestiere o per diletto, cucinare per tante persone e all'interno della brigata.
Motivo per cui sarebbe semplicemente sciocco dire "non era una buona salsa di pomodoro", non aveva nessun bisogno di esserlo, bisogna essere invece grati per la possibilità che ti è stata data di lavorare in una vera cucina professionale.
Naturalmente oggi la salsa di pomodoro continuava a girare per la testa, per cui, dopo una fruttuosa visita nel frigorifero, mi ci sono messo. Ci tengo a ribadire che non faccio la gara con la scuola, cerco solo di farmi i compiti a casa, ma a modo mio.
Ho incominciato con il Pellaprat, visto che oggi mi sentivo molto chef saucier. Volutamente non considero la ricetta di Escoffier anche se entrambi sono due classici, e io volevo fare proprio la "Salsa di pomodoro classica (Sauce tomate)".
Ricordatevi bene che lo chef saucier, cioè il capopartite delle salse, era in genere il numero 2, quindi queste salse avevano un'importanza che oggi non comprendiamo appieno.
Gli ingredienti e le dosi sono ricopiati con il massimo della cura.
Ho passato con il passaverdura sette/otto etti di pomodori, tanto per incominciare, per avere circa mezzo litro di passato.
Nella saltiera, che è la padella che io uso di più e più volentieri, sono finiti, assieme al giusto olio, 50 grammi di lardo (ma io ho usato il guanciale, quello buono, che tengo in frigo gelosamente per le mie amatriciane) e, dopo qualche minutino di rosolatura, ci è volato dentro un trito composto da 50 grammi di carote, una cipolla, la parte bianca di un porro, un pezzo di sedano, un mazzetto di timo e una foglia di alloro.
Dopo la rosolatura del soffritto ho aggiunto 25 grammi di farina, in modo da assorbire tutta l'acqua e aumentare ancora un po' l'effetto della rosolatura, che è proseguita solo per ulteriori cinque minuti.
A quel punto ho aggiunto il pomodoro e tre quarti di litro di acqua, compresi quei cento cc di fondo bruno che avevo fatto a suo tempo. Sale e pepe, un po' di noce moscata (udite, udite!) e due zollette di zucchero.
Sobbollire un'ora e mezza, scoperchiato (dico io, Pellaprat non lo dice, dice piuttosto che sarebbe bello metterla nel forno).
Finita l'ora e mezza si passa nel chinois (non buttate via i resti!) e si "aggiusta" con una "noce" di burro.
La salsa resta un filo liquida (anche perchè non ci puoi buttare dentro mezzo chilo di burro!): a seconda dell'uso che interessa la puoi tranquillamente addensare con l'amido di mais, ma questa è una mia idea.
Il bello della salsa è che poi se quella che resta la metti su qualcosa d'altro che non sia la pasta (euge: cavolfiore, radicchio crudo) è buonissima lo stesso.
La lady che abita con me ha dovuto controvoglia emettere un "buonissima" che da tempo non sentivo.
Carnacina, più vicino a noi di Pellaprat, racconta una salsa al pomodoro molto simile a questa: sostituisce il lardo con il prosciutto, grasso e magro, e non usa la carota, il sedano e il porro. Ci tiene a definirla "Grande salsa di base", e ne ha ben donde.
Artusi (ricetta n. 125, da andarsi a leggere solo per l'incipit) aggiunge l'aglio e non usa il grasso animale, nè all'inizio nè alla fine.
E poi ci sono svariate altre salse di pomodoro, che però sono soltanto dei sughi.
Questa è una salsa che ha il suo pregio nella delicatezza e nella rotondità del sapore, che sono unici, credetemi.
Se poi hai fretta fai la pommarola, ma è tutta un'altra storia......
Bonne nuit
Aggiunta del giorno dopo:
stanotte, preso da un soprassalto di curiosità, ho letto anche la salsa di pomodoro di Bocuse, principe della nouvelle cuisine.
I cambiamenti rispetto a Pellaprat sono:
1 - pancetta invece che lardo;
2 - non usa il porro;
3 - mette il burro da subito;
4 - usa l'aglio (io non è che non sono d'accordo, però ritengo che l'aglio e la cipolla non stiano bene assieme);
5 - usa solo un quarto di litro di fondo bianco di vitello e, proporzionalmente, fa cuocere meno la salsa.
Mi e vi domando: sono modifiche tali da rendere "nouvelle" la salsa? Boh
martedì 6 dicembre 2011
Cucinare con niente o quasi - 2
Proseguo con il secondo piatto di sabato, anche lui rimediato dalla dispensa.
Ingredienti:
- una confezione di ceci;
- una scatoletta di salmone affumicato sott'olio;
- una presina di origano secco;
- un po' di olio evo, quello mio.
Si tratterà di frullare con il minipimer i ceci, dopo averli ben scolati, fino a renderli una crema e aggiungendo un po' di olio.
Aggiungi poi il salmone a pezzettini, non c'è bisogno di frullare anche lui, mescoli con la forchetta, aggiusti di sale ove ve ne fosse la necessità, metti l'origano e se vuoi una piccola spolverata di pepe.
Puoi fare la tartina sulla fetta biscottata, come ho fatto io.
Dopo averlo fatto mi è venuto in mente l'hummus, che vi consiglio di andare a vedere qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Hummus
anche esso a base di ceci.
Ingredienti:
- una confezione di ceci;
- una scatoletta di salmone affumicato sott'olio;
- una presina di origano secco;
- un po' di olio evo, quello mio.
Si tratterà di frullare con il minipimer i ceci, dopo averli ben scolati, fino a renderli una crema e aggiungendo un po' di olio.
Aggiungi poi il salmone a pezzettini, non c'è bisogno di frullare anche lui, mescoli con la forchetta, aggiusti di sale ove ve ne fosse la necessità, metti l'origano e se vuoi una piccola spolverata di pepe.
Puoi fare la tartina sulla fetta biscottata, come ho fatto io.
Dopo averlo fatto mi è venuto in mente l'hummus, che vi consiglio di andare a vedere qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Hummus
anche esso a base di ceci.
Cucinare con niente o quasi - 1
Perché ti puoi trovare nella situazione di non avere in casa niente di fresco e allora devi aguzzare l'ingegno.... e la cosa, non negarlo, è parecchio divertente.
Quindi devi frugare nella dispensa, e l'elenco delle cose trovate è questo:
- pasta secca formato conchiglie;
- una confezione di piselli-carote in scatola (vedi che non è un errore tenerne un po' in casa);
- semi di sesamo, conservati nel vasetto bormioli a tenuta;
- olio evo, sale e dado vegetale li diamo per scontati in quanto sempre presenti.
In particolare no cipolla, no aglio, no odori freschi, no formaggio, no pomodoro.
Quindi il sugo l'ho fatto saltando in padella con un filo d'olio i piselli e le carotine, e aggiungendovi il sesamo per farlo un po' tostare.
Per guadagnare qualcosa in sapore la pasta l'ho cotta "a risotto" con acqua bollente e dado.
Quando è stata pronta l'ho saltata insieme al "sugo" e l'ho servita, e il sesamo e i pisellini si sono infilati nelle cavità delle conchiglie, cosicché anche l'occhio ha avuto la sua parte......
Pensavo peggio, ma di molto.
Quindi devi frugare nella dispensa, e l'elenco delle cose trovate è questo:
- pasta secca formato conchiglie;
- una confezione di piselli-carote in scatola (vedi che non è un errore tenerne un po' in casa);
- semi di sesamo, conservati nel vasetto bormioli a tenuta;
- olio evo, sale e dado vegetale li diamo per scontati in quanto sempre presenti.
In particolare no cipolla, no aglio, no odori freschi, no formaggio, no pomodoro.
Quindi il sugo l'ho fatto saltando in padella con un filo d'olio i piselli e le carotine, e aggiungendovi il sesamo per farlo un po' tostare.
Per guadagnare qualcosa in sapore la pasta l'ho cotta "a risotto" con acqua bollente e dado.
Quando è stata pronta l'ho saltata insieme al "sugo" e l'ho servita, e il sesamo e i pisellini si sono infilati nelle cavità delle conchiglie, cosicché anche l'occhio ha avuto la sua parte......
Pensavo peggio, ma di molto.
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