...per forza, peso uno sproposito e se dovessi mettermi a correre scoppierei in pochi minuti. Anche il calcio, che probabilmente è davvero lo sport più bello del mondo - ottenere un risultato "come squadra" è infatti cosa molto bella e di molto invidiabile - dopo qualche minuto mi addormenta, e le partite che devo vedere, per spirito patriottico o di campanile, finiscono per stancarmi. Diventano più che altro un'occasione per invitare gli amici a casa e, guarda caso, mangiare.
C'è però uno sport che è diverso.
E' anch'esso uno sport che si fa in squadra e in esso il gioco di squadra deve pur contare qualcosa (ma io non l'ho ancora ben capito). C'è un capitano e ci sono i "gregari", parola latina che vuol dire soldato semplice, quello che sta nella truppa, o nella folla, che lavora sodo e non verrà mai riconosciuto nel suo valore e nel suo contributo alla causa comune. Occhio che qui però non si discorre qui di capitani e gregari: il discorso mi porterebbe troppo lontano e non è adesso il momento di farlo.
Si discute del fatto, in sé meraviglioso, che in sella a una bicicletta l'umano si trasforma in qualcosa che umano non è più, arriva molto vicino a qualcosa che sta più in su, che non sono tanto capace di definire ma che comunque, con quel po' di "esprit de finesse" che mi rimane (ricordate? "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce") sento che questo "qualcosa" è ben reale. Di questo ne sono assolutamente convinto.
Ovviamente la dimostrazione delle mie ideuzze la dovevi vedere in televisione ieri pomeriggio, quando il Tour de France scala il Tourmalet, che è il più alto colle stradale dei Pirenei, e che arriva a duemilacentoquindici metri di altezza sul livello del mare. Sono dieciassette kilometri di ascesa, con pendenza media del 7,3% e punta del 9,5%.
Il primo ciclista che lo raggiunse al Tour del 1910, Octave Lapize, espresse in una frase rimasta famosa quello che pensava degli organizzatori che avevano messo questa scalata nella corsa « Vous êtes des assassins ! Oui, des assassins ! ».
Puoi essere il ciclista più bravo del mondo, con lo sprint più bruciante o puoi raggiungere velocità impensabili ma quando sei sul Tourmalet devi tirare fuori qualcos'altro.
Non c'è più squadra e non c'è più gregario, la truppa che comandi o di cui hai fatto parte si scioglie come piccoli acini di un grappolo d'uva strappati da una tempesta di vento. E tu resti solo, spaventosamente solo, e la salita continua, e ti da l'impressione che non debba finire mai.
E se anche vicino a te ci fosse un avversario (ricordate Coppi e Bartali sullo Stelvio?) sei lo stesso solo come un cane, anzi, sei solo come può esserlo un uomo di fronte alla morte, e devi trovare dentro di te un'energia che non è più energia muscolare ma energia di pura provenienza spirituale, e non tutti ce l'hanno, e non tutti i pochi che ce l'hanno riescono a tirarla fuori. Ed è solo questa energia che ti permette di continuare a mettere una pedalata dietro l'altra, senza neanche domandarti quando arriverà l'ultima, e pedali come se questo strazio non dovesse mai finire, perchè non ti senti più umano....ti senti qualcosa di più.
Fausto Coppi, che è stato davvero "qualcosa di più", non foss'altro per il mito che ne ha creato l'immaginario collettivo, ha scalato il Tourmalet nel '49 e nel '52.
C'è però uno sport che è diverso.
E' anch'esso uno sport che si fa in squadra e in esso il gioco di squadra deve pur contare qualcosa (ma io non l'ho ancora ben capito). C'è un capitano e ci sono i "gregari", parola latina che vuol dire soldato semplice, quello che sta nella truppa, o nella folla, che lavora sodo e non verrà mai riconosciuto nel suo valore e nel suo contributo alla causa comune. Occhio che qui però non si discorre qui di capitani e gregari: il discorso mi porterebbe troppo lontano e non è adesso il momento di farlo.
Si discute del fatto, in sé meraviglioso, che in sella a una bicicletta l'umano si trasforma in qualcosa che umano non è più, arriva molto vicino a qualcosa che sta più in su, che non sono tanto capace di definire ma che comunque, con quel po' di "esprit de finesse" che mi rimane (ricordate? "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce") sento che questo "qualcosa" è ben reale. Di questo ne sono assolutamente convinto.
Ovviamente la dimostrazione delle mie ideuzze la dovevi vedere in televisione ieri pomeriggio, quando il Tour de France scala il Tourmalet, che è il più alto colle stradale dei Pirenei, e che arriva a duemilacentoquindici metri di altezza sul livello del mare. Sono dieciassette kilometri di ascesa, con pendenza media del 7,3% e punta del 9,5%.
Il primo ciclista che lo raggiunse al Tour del 1910, Octave Lapize, espresse in una frase rimasta famosa quello che pensava degli organizzatori che avevano messo questa scalata nella corsa « Vous êtes des assassins ! Oui, des assassins ! ».
Puoi essere il ciclista più bravo del mondo, con lo sprint più bruciante o puoi raggiungere velocità impensabili ma quando sei sul Tourmalet devi tirare fuori qualcos'altro.
Non c'è più squadra e non c'è più gregario, la truppa che comandi o di cui hai fatto parte si scioglie come piccoli acini di un grappolo d'uva strappati da una tempesta di vento. E tu resti solo, spaventosamente solo, e la salita continua, e ti da l'impressione che non debba finire mai.
E se anche vicino a te ci fosse un avversario (ricordate Coppi e Bartali sullo Stelvio?) sei lo stesso solo come un cane, anzi, sei solo come può esserlo un uomo di fronte alla morte, e devi trovare dentro di te un'energia che non è più energia muscolare ma energia di pura provenienza spirituale, e non tutti ce l'hanno, e non tutti i pochi che ce l'hanno riescono a tirarla fuori. Ed è solo questa energia che ti permette di continuare a mettere una pedalata dietro l'altra, senza neanche domandarti quando arriverà l'ultima, e pedali come se questo strazio non dovesse mai finire, perchè non ti senti più umano....ti senti qualcosa di più.
Fausto Coppi, che è stato davvero "qualcosa di più", non foss'altro per il mito che ne ha creato l'immaginario collettivo, ha scalato il Tourmalet nel '49 e nel '52.
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