Michele cercò di dormire ancora un po’, era troppo presto e
solo una debole luce filtrava dalla gelosia. L’aveva vista vestirsi,
rapidamente, e non si era sentito di dirle neanche “Ciao”. Questo andarsene
furtiva l’aveva un po’ irritato, e che maniere! Si sentiva, e non era la prima
volta, abbandonato, ed era come al solito sensazione molto dolorosa. In fin dei
conti non aveva mica fatto qualcosa di male. Certo che le donne sono proprio
strane.
Un altro po’ di sonno gli avrebbe fatto bene, quel giorno
iniziava il turno alle due. Ma si girava continuamente, strizzando gli occhi
per volersi riaddormentare a tutti i costi, e non riusciva neanche a trovare
una posizione comoda.
Vabbè, stamattina è così, mi farò la colazione. Tanto per
fare qualcosa.
Intanto che faceva i soliti movimenti, da anni sempre gli
stessi, non riusciva a staccarsi dalla testa il volto di quella donna. Pensò
alla notte appena finita: non era stato poi così male. Gli sarebbe piaciuto un
secondo round ma chissà, magari non aveva neanche ottenuto un buon voto…...
Ricacciò indietro quel pensiero. In fin dei conti sono come
sono, non mi posso mica cambiare. Se Achiropìta cercava gli ardori di un
giovanotto ha sbagliato di brutto i suoi conti.
Lui invece era rimasto contento, come quando resti con un
buon sapore in bocca, e proprio per questo la paura di non vederla più lo
pungeva più forte.
Cominciò a riflettere con la tazza in mano, se doveva
cercarla lui o se invece avesse dovuto aspettare che fosse lei a fare il primo
passo. Non era una decisione semplice da prendere. Quando bevve un sorso di
caffelatte freddo capì che i minuti erano passati. Inutilmente. Non voleva
sembrare in preda a una cotta come un ragazzino, si sarebbe trovato in una
posizione di inferiorità, ma, ovviamente, non voleva rischiare di perdere
questa occasione, che aveva tanto il sapore di una delle ultime. Non sapeva
quasi niente di lei ma questo gliela faceva sentire vicina proprio come se
avesse sempre saputo tutto.
Chissà come avrebbe potuto cambiare la sua vita vicino a
lei; magari un ristorantino, quello che lui aveva sempre sognato, subito dietro
la spiaggia di un’isola, Itaca, per esempio. Una specie di rifugio per due, ma
sempre aperto a tutti, dove il pesce sarebbe passato dalla barca alla cucina
nel breve volgere di un attimo. Lui in cucina e lei in sala. E qualche tavolo,
non più di cinque, sotto la vite, per poter mangiare tranquillamente guardando
il mare, lo stesso che Ulisse aveva solcato. E ovviamente il bello di
condividere un lavoro che piaceva a entrambi.
Ma la realtà è un’altra cosa, e Michele annuiva e inseguiva
puerilmente questi sogni, sempre con la tazza in mano.
Avrebbe visto la posta elettronica, suo canale preferenziale
di comunicazione col mondo.
Intanto che scorreva l’elenco delle mail, decidendo seduta
stante chi leggere e chi no, gli venne in mente che poteva chiedere un
consiglio ad Adriano, il suo amico del cuore.
Si conoscevano da sempre e, anche se ultimamente non si
vedevano poi tanto spesso, a motivo dei lavori che facevano, c’era fra loro una
profonda sintonia, derivata non solo dal fatto di conoscersi da più di quaranta
anni ma soprattutto dal fatto di avere condiviso cose tristi della vita, o
perlomeno di averci provato. Forse condividere le cose spiacevoli non ne
diminuisce la portata ma comunque aiuta a non sentirsi il centro dell’universo
del dolore. Avevano convinzioni religiose del tutto diverse ma questo non
impediva certo di parlarne. La scuola che avevano frequentato insieme almeno
questo gli aveva insegnato, che non ci sono cose di cui non puoi parlare con un
amico. Oltre a un certo piacere della cultura, talvolta fine a sé stesso.
Adriano aveva un figlio, ancora al liceo, e viveva semplicemente e unicamente
per lui, cercando con tutte le sue forze di non metterlo mai in mezzo ai
problemi che aveva con la sua ex moglie. E di questo il ragazzo, Michele
l’aveva ben realizzato, gli era profondamente grato. La casa di Adriano e della
nonna era per lui un porto sicuro.
Questa è la mail di Michele ad Adriano:
“Carissimo,
ti scrivo dalla mia stanzetta del resort dell’isola di Kos,
dove già sai che lavoro, con un contratto formalmente a tempo indeterminato ma
per me a tempo determinato, anche se non so per quanto tempo: forse fino a
quando non cambierà la direzione del vento. Spero che il tuo lavoro nel
grattacielo vada bene. Qui, dopo tanta fatica per diventare capopartita, è già
solo routine. Diceva giustamente mio nonno che se non sai che cosa vuoi
veramente non riuscirai mai ad essere felice. Il mio problema è che voglio tante
cose, forse troppe, e tutte subito e tutte insieme. E’ la mia nemesi.
Ti partecipo infatti che ne ho combinata un’altra delle mie.
Qui nel resort ho trovato una donna, forse sarebbe meglio
dire una leonessa con una criniera nera, che mi ha fatto, di nuovo, uscire
pazzo. Trattasi di donna, la cui età non ho ancora ben capito, e che non ho
ancora chiesto, che a momenti vedo come un cucciolo bisognoso soltanto di
essere tenuto appoggiato sul cuore, a momenti vedo come un’aquila, che ha
bisogno invece di volare nello spazio infinito, libera e sola con sé stessa. E
quando la vedo come un’aquila non so come avvicinarmi a lei, perché non sono
capace a volare.
Ha la sventura di lavare le stoviglie in cucina, qui da noi,
ma non si sente per nulla umiliata dal lavoro che fa. Dopo un primo approccio,
timidissimo, da parte di entrambi direi, siamo usciti insieme iersera e ti
dico, con la migliore franchezza di cui sono capace, che ho passato la sera più
dolce da tanti anni a questa parte.
Sarà stato il posto, sarà stata la stagione, meravigliosa in
questo momento, saranno state le ombre della sera, sarà stata una combinazione
astrale ma mi sentivo appoggiato sopra una nuvoletta, mentre parlavo con lei.
Ti ricorderai bene “Ille mi par esse deo videtur…”: ho passato la vita a
cercare di ricreare quell’attimo che racconta Saffo, e ogni volta che ho
immaginato di esserci vicino mi sono preso la solita trambata, come sai bene.
Abbiamo passato la notte insieme e non abbiamo dormito
molto. Da tempo, vorrei dire immemorabile (anche se non è vero perché ricordo
tutto e tutte) non ero così felice.
Stamattina l’aquila ha preso il volo, come una gazza,
scappando senza neanche lasciarmi una carezza per incominciare la giornata, e
lasciandomi perciò un certo amaro in bocca, come se mi avesse detto che si era
pentita. E dire che io ci avevo messo sopra il cuore, perché sai bene che io mi
butto a capofitto in questo genere di attività.
E adesso? Dimmelo tu che debbo fare, perché sono qui come
l’asino di Buridano, con la tazza del caffelatte in mano. Il mio istinto, che
sbaglia quasi sempre, mi suggerisce di andarla a cercare subito e di
prendermela in braccio, anche davanti a tutti, perché no, e di coprirla di
baci. Ma mi terrorizza l’idea che possa anche solo guardarmi di traverso.
E se facessi finta di niente? In fin dei conti una notte
passata insieme non è molto. O no?
Ti prego, dimmi qualcosa, anche solo che mi capisci, perché
io non mi sono mai ben capito.
Dai un bacio al ragazzo”.
miche
Si alzò dalla scrivania e uscì rapidamente. Era frastornato
parecchio e pensò che una nuotata gli avrebbe rischiarato le idee.
Camminò quasi di corsa fino alla sua spiaggetta, contornata
di rocce che garantivano un certo isolamento, e si buttò nell’acqua fresca del
mezzogiorno, cercando di stare sott’acqua il più possibile, proprio perché
voleva essere completamente avvolto dall’acqua. Michele adorava il mare, e
sapeva bene il perché. Il mare era per lui il ricordo inconscio del liquido
amniotico, quando soggiornava nell’ambiente più accogliente di tutti. Mentre tu
pensi “hic manebimus optime” dopo qualche mese ne sarai cacciato via con una
violenza tale da non poterne nemmeno avere il ricordo. Mezzora stette in acqua,
cercando di non pensare a niente e riuscendoci, anche se solo per qualche
attimo.
Il silenzio della spiaggia e l’affollamento dei pensieri
furono complici, e quando si svegliò era quasi l’una. Non era tardi ma voleva
incominciare a lavorare come al solito, dieci minuti prima del dovuto. Quindi
tornò al resort e passò un attimo in cucina, furtivamente, a prepararsi due
spaghetti con le cozze, le melanzane e il pane grattato, neanche un etto di
pasta, la dose “tipica” dei ristoranti.
Entrò in camera per prepararsi al lavoro e vide che il
computer lampeggiava, segno che c’erano nuove mail non lette. Mancavano venti
minuti alle due, decise che il tempo c’era.
Si sedette e lesse:
“Caro Miche,
vedo che sei sempre eguale, e che riesci a essere croce e
delizia di te stesso. Gli avvenimenti del passato non sono riusciti a
insegnarti niente, neanche ad essere un po’ più sereno e distaccato dai casi
della tua vita.
In particolare, riguardo quest’ultimo, le parole che scrivi,
ma soprattutto quelle che non scrivi, mi inducono a consigliarti di accogliere
questa (e vedrai che non è l’ultima!) possibilità di avere finalmente trovato
la donna “giusta”.
Comunque sia se non ti butti non lo saprai mai, e questa
leonessa dalla criniera nera, mi sta già parecchio simpatica. Mandami una
vostra foto”.
Adriano
Il suo amico riusciva molto bene nel fargli da specchio, e
sapeva come scrivere le cose che lui si sarebbe voluto sentir dire.
Rispose solo con “OK, sarai il primo a sapere il seguito”.
Uscì, vestito con la sua candida divisa, e con dentro una
consapevolezza nuova.
Nessun commento:
Posta un commento