Sono così ben considerato dai miei amici che mi vengono proposte simpatiche sfide culinarie, che io accetto di buon grado perchè, se non fosse chiaro, cucinare mi diverte.
Giovedì sono quindi arrivati circa sei chili di polpa di cinghiale, già frollata e pronta per la bisogna.
Il menù che ho studiato quindi lo pubblico, perchè mi è costato grande impegno e perchè, sul blog, gli dò una piccola patina di eternità. E soprattutto lo pubblico perchè mi piace condividerlo.
Le dosi delle ricette originali io le ho dovute moltiplicare per tre o per quattro.
Nota bene: tutto il cinghiale che ho ricevuto l'ho marinato, per una notte, non di più, con vino (per tre piatti Cabernet, per uno Pinot grigio), sedano, carote e cipolle tagliate a pezzettoni, alloro, salvia, rosmarino e timo.
Fra parentesi penso che mi piacerebbe assaggiare una bistecca di cinghiale alla griglia, non marinata, ma queste sono le cose che si fanno da solo.
Passiamo all'entreè, il patè di cinghiale. E' un piatto che combina bene l'eleganza del patè con la "rusticità" del cinghiale, e questo mi è sembrato un ottimo motivo per farlo.
La ricetta l'avevo fatta circa tre anni fa, se ben ricordo, e mi pare che l'avessi presa dalla Cucina Italiana, comunque adesso la ricetta è qui: patè di cinghiale, non sto quindi a ricopiarla.
Commenti in corso d'opera: ovviamente bisogna tagliarlo, nella previsione della tritatura, a pezzettini piuttosto piccoli, e rosolarlo con particolare cura. Dovrà essere un po' bagnato ma non eccedete nel liquido di cottura, penso sia meglio aggiungerne di volta in volta. Una volta frullato assieme al burro è imperativo assaggiarlo per valutare come è di sale. Non esagerate con il Cognac chè poi il patè sa solo di liquore.
Il mio l'ho messo dentro uno stampo da plumcake avvolto dalla pellicola da cucina, dimodochè quando esce fuori è proprio una bella mattonella.
Occhio a tirarlo fuori almeno una mezzoretta prima di servirlo.
Nota bene: le foto della serata del cinghiale sono di pessima qualità, per tanti motivi, il più importante dei quali è che se hai quattordici bocche pigolanti il tempo della foto si restringe e ti ricordi che dovevi fare la foto solo troppo tardi. Mi scuso quindi in anticipo.
Questo è comunque il patè, e adesso che lo rivedo mi ricorda certe carni in scatola..... ma fidatevi, è buonissimo.
Un blog fatto a uso e consumo degli amici, vecchi e nuovi, per trascinarli in questa grande passione, e perché "invitare qualcuno a mangiare da te significa incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che sta sotto il tuo tetto", e anche perché "cucinare per le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo pensando ai loro gusti, alla loro crescita e al loro benessere".
Andiamo a incominciare
Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.
domenica 27 novembre 2011
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