Andiamo a incominciare

Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.

sabato 22 giugno 2013

Stage

Ecco, anche lo stage di cucina è finito. Due giorni per raccogliere le idee e fare un piccolo bilancio. E' stata un'esperienza "forte", e di questo sono grato a tutti, in primis alla mia scuola che mi ci ha mandato, anche se in un certo senso "obbligata".
Entrare a far parte, sia pur per un breve periodo, di una brigata di cucina ti dà innanzitutto la misura di molte cose. La prima, sciocca, è che tu arrivi pensando di essere "bravino", e in mezzora capisci che devi imparare tutto. Giustamente il mio amico Valerio, anche lui reduce da questa esperienza in un altro ristorante, mi scrive "con quello che sappiamo fare mi hanno fatto capire che potrei fare poco di più del lavapiatti". Ce ne faremo una ragione.
Un'altra cosa che impari è che fare ristorazione non è solo cucinare dei piatti a pranzo e a cena in tempi piuttosto ristretti: c'è tutto un lavoro dietro, che è la preparazione dei cibi, la loro pulizia, la loro conservazione e la loro disposizione. E' questo un lavoro che secondo me occupa il 70% almeno del tempo totale.
Altra cosa, sostanziale, è avere la "linea" perfetta. Già da tempo avevo capito che la linea era la prima cosa. Se vuoi fare un piatto in pochi minuti devi avere tutti gli ingredienti a disposizione davanti a te, nei loro bei contenitori tutti in fila secondo l'ordine della ricetta, e dietro di te la macchina da cucina, fuochi, friggitrice, griglia, e pentole e padelle. Tutto a portata di mano e la mano a portata di tutto.
Fin qui niente di trascendentale, si tratta soltanto di applicare rigorosamente principi di buona organizzazione del lavoro, utili soprattutto in quelle due ore del servizio per i clienti, in cui l'agitazione è grande, e non sono permessi errori. La cosa fondamentale è capire che se a un tavolo sono seduti 3 (o 10) clienti i piatti devono arrivare insieme. Folle, semplicemente. E se tutto non gira alla perfezione allora girano le urla. E che urla.....
Ma queste sono cose tutto sommato meno importanti, non marginali, sostanziali, ovvio, ma c'è una cosa che è la più importante di tutte e che mi ha profondamente colpito.
E' il vivere dentro una SQUADRA, in cui tutti collaborano e cooperano per il risultato comune, anche il minuscolo stagista (che, come quasi sempre succede a me, è il più vecchio di tutti). E tutti sentono in sé questo sentimento di essere un gruppo ben affiatato, e grandi sono l'entusiasmo e l'armonia, al di là dei singoli compiti e competenze. E questo mi ha fatto grande invidia, e un po' di malinconia nel pensare al mio primo lavoro, che di queste cose è quasi sempre stato privo.
Per cui "chapeau" al patron Matteo, primo artefice di questo grande team, che quando è stato il momento non si è fatto nessun problema di lavare i pavimenti. E io questo non potevo non notarlo.

Un'esperienza forte, ripeto, in cui le ricette imparate, svariate, sono venute inevitabilmente in secondo piano.

E poi, come succede a tutti gli stagisti, sono stato molto spesso incaricato di cucinare per le brigate, di sala e di cucina, ore 12 e ore 19, incarico che ho vissuto con grande impegno, per dimostrare che qualcosa la so fare anche io. E un camerieretto, dell'età pressapoco di mio figlio, mi ha detto "euge, se apri un ristorante io verrò a mangiare da te". La ciliegina sulla torta.

Grazie Matteo e grazie Ragazzi, ho passato da voi quindici giorni indimenticabili.




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